INTERVENTO DI GIANBATTISTA FRONTERA

ASSOPROVIDER

"Monopoli ed Internet Governance."

Per quale motivo i governi mondiali sentono la necessità di intervenire nella gestione globale della Rete?

Da più parti si parla di mantenere la sicurezza, di preservarne la stabilità, di garantirne lo sviluppo armonico e di liberarla dalla crescente illegalità...

Potrà forse sembrare troppo semplicistico, ma il motivo è puramente economico. Il controllo sulla Rete o su parti di essa garantisce, a chiunque riesca ad ottenerlo, un potere reale sul cosiddetto "mondo virtuale" che è la Rete Internet.

Gli USA, invertendo nettamente la rotta rispetto ai propositi illuminati dell'amministrazione Clinton-Gore, si sono recentemente offerti di garantire la necessaria stabilità e sicurezza al DNS, dato che, secondo il loro pensiero, nessuna delle soluzioni proposte in ambito WGIG sarebbe in grado di farlo.

Gli attentati terroristici del 2001 negli USA e, ultimi in ordine di tempo, del 2005 in Inghilterra hanno forse dimostrato che la sicurezza, almeno nel mondo reale, non si ottiene facilmente.

Nel mondo virtuale, invece, potrebbe essere più semplice garantire questa sicurezza, anche solo mantenendo il controllo sul DNS. Lasciando il controllo dei ccTLD ai rispettivi governi nazionali, gli USA, fatto salvo il ruolo tecnico di ICANN, vorrebbero riprendersi il controllo sui gTLD e sulle modifiche alla "authoritative root zone", ossia operare, di fatto, un controllo "alla fonte".

Dato che, i due livelli su cui operare un controllo da parte di uno stato sono il mezzo trasmissivo ed il sistema di indirizzamento che lo comanda, non riuscendo, per motivi logistici, ad ottenere il controllo sul primo al di fuori dei loro confini nazionali, hanno necessariamente optato per mantenere almeno il controllo sul secondo.

Gli altri stati, sicuramente impossibilitati ad ottenere il controllo del sistema di indirizzamento al di fuori dei "confini" del proprio ccTLD (il ".IT" nel caso dell'Italia) si sono dati da fare per rafforzare il proprio controllo e quindi il proprio potere regolamentare sul mezzo trasmissivo, con approcci molto differenti tra uno stato e l'altro.

Se, da un lato, almeno i paesi europei, hanno dovuto creare, anche con l'istituzione di Authority di controllo, un regime di concorrenza tra i diversi fornitori del mezzo trasmissivo, dall'altro, alcuni di essi, hanno continuato a favorire, nonostante le precise normative europee in materia di concorrenza, le ex aziende di stato che garantivano loro questo controllo sul "mezzo".

A titolo di esempio vorrei citare i casi Inghilterra-British Telecom ed Italia-Telecom Italia. È notizia di qualche giorno fa che Offtel (equivalente inglese della ns. AGCOM) abbia indotto a miti consigli British Telecom (ex monopolista ed incumbent inglese), costringendola a separare la rete di telecomunicazione dai servizi, con la creazione di un'apposita società. Casus belli: l'attestazione di BT sul 24% del mercato dell'ADSL nel Regno Unito.

Visto tutto ciò dall'Italia, sembra di guardare un altro pianeta. In Italia, riportando una notizia di dominio pubblico, l'incumbent Telecom Italia, ha più del 75% (alcune "scuole di pensiero" dicono il 90%) del mercato dell'ADSL.

Qual è la differenza tra i due paesi europei? È che in Italia non solo non si è fatto nulla per garantire la libera concorrenza ed impedire l'abuso di pratiche predatorie da parte dell'Incumbent (..vedi anche procedimento dell'Authority Antitrust A351, che si è risolto con una condanna di Telecom a 152 milioni di euro di multa, prima sospesa e poi cassata dal Tar del Lazio, motivo per il quale su questa decisione pende un ricorso al Consiglio di Stato), ma si è addirittura favorito questo status quo permettendo che i contributi alla banda larga, atti a sviluppare, di fatto, il mercato delle ADSL, presenti nelle finanziarie degli ultimi 4 anni, andassero per la maggior parte all'Incumbent, escogitando il geniale meccanismo del "contributo sull'acquisto dell'utente" attraverso le casse dell'operatore.

Non ci vuole un giurista o un economista per capire che, se non si obbliga l'Incumbent di un monopolio come quello delle telecomunicazioni, naturale per eccellenza (...per fare qualche esempio di altri monopoli naturali, ovvero reti di somministrazione di facilities: io posso decidere di non usare il treno, andare a prendere con una cisterna acqua da un fiume, comprare bombole di gas per cucinare e riscaldarmi e produrmi da solo elettricità, ma non posso telefonare o spedire un fax o fare una connessione dati, senza usare la rete italiana di telecomunicazioni dell'incumbent) a separare realmente la rete dai servizi, o quanto meno lo si esclude da questi meccanismi di contributi, di fatto lo Stato aiuta l'azienda predominante a rafforzare la sua posizione di mercato, contrariamente a quanto previsto dalle normative europee.

La cosa più grave è che nella fattispecie dell'ADSL, 4 anni fa il mercato era pressoché inesistente ma, utilizzando questi meccanismi, lo Stato ha consentito all'ex-monopolista di crearsi un mercato e dominarlo. Ma fotografiamo lo scenario da altro punto di vista. Attualmente, come tutti possiamo vedere, c'è una fortissima convergenza di tutti i mezzi di trasmissione.

Per spiegarci, i contenuti di qualsiasi tipo, possono essere fruiti con qualsiasi mezzo trasmissivo (televisione, radio, telefono mobile e fisso, satellite, etc.) ed Internet sicuramente può veicolare tutti questi contenuti verso l'utente, ad un prezzo irrisorio rispetto agli altri mezzi trasmissivi. I contenuti, siano essi informazione, intrattenimento o educazione e formazione, etc., possono essere ricevuti dall'utente con una sempre più totale mobilità e fruibilità, unificando le funzioni delle varie apparecchiature all'interno di quella in uso, ora il computer, ora il telefono cellulare, ora il televisore, etc.

Da un punto di vista di pluralità di informazione ed accesso al diritto di fruirne e di crearne, è possibile che un solo gruppo finanziario possa avere, di fatto, la potenzialità di avere il controllo della maggior parte dei mezzi trasmissivi? La risposta non è così ovvia come potrebbe apparire. La libera concorrenza si traduce in una pluralità di soggetti con cui lo stato dovrebbe confrontarsi quotidianamente per la preservazione di questa, per mantenere intatta la possibilità di prevenire e perseguire le attività illecite che si svolgono sulla Rete.

Dunque se l'esigenza da parte dello Stato è la tutela dei cittadini a "tuttotondo" forse la strada non è quella di un minor numero di operatori, con l'assioma "minor numero di operatori = maggior facilità di indirizzo delle logiche di mercato verso la concorrenza e più rapida capacità di intervento nella prevenzione e repressione di illeciti sul ed attraverso il mezzo", è una scorciatoia pericolosissima: sia dal punto di vista economico, con aziende cresciute artatamente e non sotto la naturale selezione del mercato, sia dal punto di vista della sicurezza, pensando di rispondere alla non adeguatezza dei mezzi dei servizi di sicurezza preposti al controllo e la repressione, con la, apparente, facilitazione delle indagini, riducendo i luoghi, virtuali e no, dove volgere l'attività investigativa, arrivando addirittura a delegare agli operatori parti di queste.

Nel primo caso, quelle aziende, alla riprova del mercato internazionale, dove c'è libera concorrenza ne usciranno sconfitte, non avendo quegli "anticorpi" che si formano nella crescita "naturale" da libera concorrenza, che fa ottimizzare i costi, abbassare i prezzi e inventare strategie di marketing.

Nel secondo caso, molto grave, c'è una sorta di abdicazione e dichiarazione di inadeguatezza di fatto, quando orientando investimenti in maniera corretta, acquisendo e sviluppando tecnologia "ad hoc" e, certamente, chiedendo la collaborazione delle aziende operatrici di telecomunicazioni, l'economia "investigativa" non solo sarebbe più efficiente, ma produrrebbe una "sedimentazione" di utili a breve.

Nel primo e nel secondo caso, se non VERRANNO seguite queste vie, i risultati saranno, il guasto irreparabile di un settore economico, dove alle aziende non "elette", non resterà che chiudere, e la capacità ed il dovere dello Stato di prevenire e perseguire gli illeciti e tutelare la sicurezza (dei cittadini e dello Stato stesso), verranno menomati e filtrati, nell'ipotesi più rosea, da un oligopolio di operatori, che avrà il controllo del mercato, dei prezzi e, cosa assai più grave, dei mezzi trasmissivi, vista la forte convergenza, dei contenuti di qualsiasi genere e quindi anche dell'informazione.

È accettabile in un paese civile e democratico?

GIANBATTISTA FRONTERA

  • Giambattista Frontera, vive a Milano, opera nel settore Internet dal 1995.
  • Ha contribuito allo sviluppo di Internet in Italia, ricoprendo la carica di vicepresidente della Naming Authority italiana (NA), l'ente preposto alla creazione delle regole di registrazione dei nomi a dominio del ccTld .it. Vicepresidente di Assoprovider dal 2000.
  • Assoprovider è una Associazione Indipendente di Aziende che svolgono l'attività di Internet Service Provider (ISP).
  • Nata nel Luglio 1999, Assoprovider, che oggi raccoglie 190 aziende del settore dei Servizi Internet e della connettività, ha l'obiettivo di favorire lo sviluppo armonioso di Internet in Italia.
Quaderno WSIS 2005 indice
Frontera