Andrea Maggipinto

  • Andrea Maggipinto, Dottorando di ricerca in Informatica Giuridica e Diritto dell'Informatica presso il Centro Interdipartimentale di Ricerca in Storia del Diritto, Filosofia e Sociologia del Diritto e Informatica Giuridica (C.I.R.S.F.I.D. - Università di Bologna).
  • Avvocato e Direttore dell'Osservatorio "Centro Studi di Informatica Giuridica di Milano", associazione no profit che opera per lo sviluppo della cultura e della conoscenza del diritto applicato alle nuove tecnologie.
  • È Autore di articoli e volumi sugli aspetti giuridici dell'Information and Communication Technology e componente dei direttivi delle riviste "Diritto d'Autore e Nuove Tecnologie" e "Rivista di Diritto, Economia e Gestione delle Nuove Tecnologie".
  • Si occupa scientificamente di e-government e cooperazione tra Pubbliche Amministrazioni.

Internet e pubbliche amministrazioni: quale democrazia elettronica?

"Libero utilizzo"

Andrea Maggipinto

PREMESSA

Il "governo elettronico" - c.d. e-government o electronic government - è fenomeno complesso e multidimensionale. Questo intervento non esaurisce tutti gli aspetti della rivoluzione elettronica in ambito pubblico, ma si pone l'obiettivo di individuare i livelli strategici di interazione tra cittadini, amministrazioni territoriali e organi di governo, portando all'attenzione del lettore taluni punti critici del percorso intrapreso nel nostro Paese dai piani di e-government e proponendo, per ciascuno di essi, alcune riflessioni.

Nello spirito che accomuna gli studiosi di Internet, le considerazioni qui formulate attendono argomentazioni critiche, perchè il futuro della Rete e della "società interconnessa" risiede essenzialmente nella dialettica e nel libero confronto di idee.

AMBITO DI INDAGINE: IL DIALOGO TELEMATICO TRA AGENTI

Non di rado il processo di ammodernamento degli enti e degli organismi pubblici viene inteso, semplicisticamente, come il risultato dell'introduzione nella pubblica amministrazione (PA) di applicazioni informatiche e tecnologie digitali per lo svolgimento delle funzioni istituzionali ad essa affidate.

La scienza informatica e le nuove applicazioni tecnologiche basate sull'elaborazione automatica dell'informazione, in realtà, hanno avviato un progressivo mutamento della sensibilità individuale e della cultura sociale che ha evidentemente interessato anche il settore pubblico e i rapporti giuridici con le Istituzioni. Nuovi strumenti e nuovi obiettivi sono emersi da questo pulsante brodo tecnologico, generatosi peraltro in un momento storico nel quale la pubblica amministrazione aveva (da poco) avviato un processo di modernizzazione organizzativa e procedurale con le Leggi nn. 142 e 241 del 1990.

La retroazione amplificatrice determinata dall'informatica e dalla telematica - che stenta a definire con chiarezza quale evoluzione stia apportando al diritto pubblico - tanto rileva in quanto realizzi l'obiettivo primario del processo di ammodernamento: attuare quei principi e quei valori che fondano un moderno Stato democratico (semplificazione, trasparenza e perequazione sociale).

Le nuove tecnologie sono il risultato dell'applicazione delle conoscenze acquisite nell'ambito della scienza informatica a modi di procedere rivolti a scopi pratici. Nel settore pubblico questi "scopi pratici" sono propri della funzione pubblica e dell'interesse collettivo. Qui, dunque, la missione del progresso tecnologico si connota per le grandi aspettative che gli utenti ripongono nell'innovazione, ma anche per le grandi responsabilità di chi è oggi demandato a governarne la realizzazione.

Come in ogni segmento dell'organizzazione sociale, la rivoluzione digitale in ambito pubblico poggia su quella che ormai comunemente viene chiamata "Information and Communication Technology" (ICT), ossia la tecnologia dell'informazione e della comunicazione. In questo vorticoso mutamento di mezzi e di obiettivi, il dialogo telematico tra agenti - pubbliche amministrazioni (PPAA), cittadini e imprese - rappresenta la chiave di volta per lo sviluppo dei piani di e-government.

Attraverso la comunicazione interattiva e l'accesso alle informazioni si può infatti realizzare quella condivisione della conoscenza che, nei rapporti tra cittadini e organi di governo, rappresenta al contempo strumento e obiettivo primario del settore pubblico. In questa evoluzione digitale della società, avviata da poco più di un decennio, anche la relazione tra cittadino e pubblica amministrazione è destinata a mutare.

TRE LIVELLI DI COMUNICAZIONE ELETTRONICA

A differenza di altri settori, come quello del commercio elettronico per esempio, in Italia la pubblica amministrazione - in quanto destinataria principale della legislazione in materia di innovazione tecnologica (si pensi alla Legge 59/1997 e, da ultimo, al CAD, il "Codice dell'amministrazione digitale" approvato con D.Lgs. 82/2005) - ha potuto maturare una maggiore esperienza nell'impiego delle ICTs. Regole ben definite hanno, infatti, permesso alle amministrazioni di procedere più celermente nell'implementazione delle tecnologie di gestione e trattamento dell'informazione elettronica. L'information technology rappresenta, dunque, l'ambito di maggiore sviluppo dei piani di e-government (si pensi, ad esempio, alla protocollazione e alla gestione documentale).

È invece la "comunicazione elettronica" a rappresentare oggi la vera sfida per il settore pubblico. Le amministrazioni italiane trovano ancora ostacoli e difficoltà lungo questo percorso di sviluppo dell'innovazione, perchè tradizionalmente non abituate al confronto con realtà esterne alle proprie competenze territoriali. Benché strettamente connesso alla tecnologia per il trattamento dell'informazione elettronica, è dunque quello della "communication technology" l'ambito dal quale dipenderà lo sviluppo del processo di ammodernamento delle PPAA.

Tre, in particolare, sono i livelli nei quali si possono articolare e sviluppare le nuove forme di comunicazione:

  • livello inter-amministrativo (dialogo tra PPAA);
  • livello inter-soggettivo (dialogo cittadino-PA);
  • livello politico-istituzionale (dialogo Cittadini-Istituzioni).
  • Fruibilità dei dati e cooperazione applicativa (primo livello)

Nella Società dell'Informazione ogni atto, fatto o dato si trova ad essere oggetto di un fenomeno tipico dell'era tecnologica: la disgregazione informativa. I rischi che corrono le pubbliche amministrazioni in questa prima fase di digitalizzazione delle informazioni sono essenzialmente due: da un lato, la proliferazione di informazioni inerenti un determinato fenomeno, la cui scomposizione analitica porta ogni indagine da aggregati di informazioni strutturate a nuclei informativi più dettagliati, spesso decontestualizzati e perciò stesso privi del significato e della capacità semantica originari; dall'altro lato, l'applicazione puerile e immatura dell'informatica, tale da non rendere possibile il pieno controllo ed una esaustiva conoscenza delle vicende riferite a ciascun nucleo informativo.

Nel settore pubblico, la difficoltà di gestione dei dati è particolarmente elevata, stante la mole di informazioni gestite. La necessità di una funzione pubblica efficiente è quanto più importante tanto più se si pensa alle finalità istituzionali dei soggetti pubblici, i quali sono chiamati a dialogare tra loro scambiandosi, quando possibile (tecnicamente e giuridicamente), le informazioni in loro possesso, ottimizzando e migliorando i servizi resi ai cittadini e alle imprese. Le informazioni contenute nelle banche dati diventano uno strumento essenziale e rappresentano un importante valore sia per le Amministrazioni, sia per gli utenti finali.

Gestire in modo ottimale ed organico le informazioni nell'ambito dell'intero sistema pubblico - identificando in modo specifico ed univoco, ad esempio, il luogo in cui l'informazione nasce e viene trattata, in funzione delle diverse competenze istituzionali - pare strategicamente importante. Altrettanto rilevante è la concreta ed effettiva possibilità che queste informazioni siano rese immediatamente disponibili, in modo efficace ed efficiente, a tutti i soggetti che ne necessitano per lo svolgimento delle loro attività.

Le pubbliche amministrazioni sono chiamate ad organizzare il proprio patrimonio informativo in considerazione del loro inserimento in un macro sistema. Si trovano, dunque, ad affrontare problematiche che superano la mera gestione interna del singolo dato. Nel governare l'innovazione di un sistema così complesso è, dunque, necessario mantenere una visione generale, che non si limiti a considerare le esigenze delle singole amministrazioni, ma che abbracci le questioni fondamentali dell'intero sistema. La fruibilità dei dati - ovvero la possibilità di utilizzare il dato anche trasferendolo nei sistemi informativi automatizzati di un'altra amministrazione - rappresenta un obiettivo strategico, oltre che una strada obbligata per conseguire livelli accettabili nella qualità dei dati e dei servizi delle pubbliche amministrazioni.

Qualità ed efficienza sono condizioni essenziali e irrinunciabili per un reale ammodernamento del settore pubblico. Perchè i dati siano realmente "fruibili" e il sistema pubblico sia davvero efficiente, è necessario realizzare l'automazione dei processi di interazione tra pubbliche amministrazioni, ciò che si definisce "cooperazione applicativa". Questa nozione sta ad indicare l'insieme dei metodi e delle tecnologie in grado di realizzare una effettiva condivisione di dati, informazioni e processi tra due o più amministrazioni. Per poter realizzare un'efficace rete di cooperazione è indispensabile che le PPAA adottino standard comuni, sia a livello fisico (la rete telematica che permette fisicamente la trasmissione dei dati) sia a livello logico (grammatica e semantica di comunicazione).

Ad oggi, il livello fisico della rete di interconnessione tra PPAA è idoneo a realizzare una effettiva circolazione dei dati e delle informazioni. Con il D.Lgs. 28 febbraio 2005 n. 42 è stato istituito il Sistema Pubblico di Connettività (SPC), l'infrastruttura tecnologica per lo scambio di informazioni tra pubbliche amministrazioni, che persegue la finalità di assicurare il coordinamento informativo e informatico tra PPAA centrali e locali, nonché di promuovere l'omogeneità dell'elaborazione e trasmissione dei dati. Il SPC - la cui disciplina è oggi inserita nel D.Lgs. 82/2005 - rappresenta dunque il quadro tecnologico di riferimento per la cooperazione e lo scambio delle informazioni tra le diverse amministrazioni.

Ogni amministrazione che intende affacciarsi sulla rete nazionale deve costituire un dominio, definito come l'insieme delle proprie risorse hardware, software e di comunicazione. Il dominio rappresenta il confine di responsabilità di un Ente, delle politiche che definiscono il suo sistema informativo. Per consentire l'interfacciamento tra un dominio e il resto della rete nazionale, è necessario un meccanismo di astrazione, chiamato "porta di dominio". Quest'ultima rappresenta l'unico punto di contatto telematico tra domini appartenenti a diverse PPAA ed effettua l'instradamento, a livello applicativo, dei messaggi in ingresso e in uscita dal dominio.

La porta di dominio rappresenta un elemento di disaccoppiamento: verso l'esterno tutti i domini devono omologarsi agli standard previsti dalla rete nazionale; al suo interno ogni dominio può conservare la propria struttura e le proprie scelte tecnologiche, lasciando alla porta di dominio la funzione di adattatore tra i due ambienti. Si ricordi infatti che, allo stato attuale, i sistemi impiegati dalle varie PPAA sono caratterizzati da una forte eterogeneità: diversi ambienti operativi, linguaggi di programmazione, politiche di sicurezza, e così via.

Gli attuali progetti di e-government non incontrano particolari difficoltà di cooperazione quanto al livello fisico. Piuttosto il vero problema - e la sfida dei prossimi anni - è rappresentato dal livello "logico", in particolare da quello semantico che si occupa della definizione e della gestione concettuale delle informazioni che i domini devono scambiarsi per poter raggiungere un determinato obiettivo. Le singole amministrazioni, nello svolgere funzioni e compiti omogenei, adottano procedure interne proprie, definite dai rispettivi regolamenti comunali che possono disciplinare in modo differente determinati servizi e procedure.

Per l'erogazione di un servizio o per lo svolgimento di un'attività, talune amministrazioni possono dunque richiedere e trattare informazioni in modo diverso rispetto ad altre PPAA, di modo che risulti difficile definire una semantica omogenea in grado di realizzare il dialogo telematico inter-amministrativo. Gli attuali piani di e-government, dunque, devono affrontare questo tema per individuare una soluzione che risulterà essenziale per il successo dell'intero processo di modernizzazione del Paese. Obiettivo primario dovrà dunque essere la realizzazione della cooperazione applicativa tra amministrazioni attraverso l'individuazione

  • (i) di standard per la rappresentazione e la codifica dei dati e delle informazioni e
  • (ii) di standard di processo e interazione tra PPAA.

Questa "standardizzazione dei processi" interni alle PPAA avrà un grande impatto sul futuro del settore pubblico, in quanto consentirà di avere una gestione uniforme dei processi interni alle amministrazioni e permetterà di realizzare delle sovrastrutture di interazione realmente funzionanti. Ai profili strettamente tecnologici si affiancano, dunque, aspetti di natura logico-giuridica e organizzativa.

Un ruolo decisivo potrà essere svolto da "modelli di cooperazione" in grado di coordinare soggetti aventi distinte e diverse competenze. Si può ad esempio immaginare un "modello comunale" condiviso da tutti gli Enti, che non dovrà limitarsi all'insieme di servizi minimi che devono essere erogati, ma dovrà spingersi verso la definizione di interfacce applicative che permettano ai sottosistemi informatici dell'ente di parlare tra loro e con quelli di altri soggetti pubblici.

La definizione di standard normativo-regolativi sarà certo foriera di difficoltà. Non è infatti immaginabile che le amministrazioni locali si adeguino passivamente a standard definiti a livello nazionale. Altrettanto vero è, per contro, che senza modelli di processo condivisi si rischia il fallimento dei progetti di e-government. Una nota positiva giunge dall'esperienza di questi ultimi anni: gli stessi Enti locali richiedono l'applicazione di standard condivisi. È quindi plausibile ipotizzare che si possa realizzare una "cooperazione dal basso", ma questo processo deve essere favorito, guidato e soprattutto coordinato.

È indispensabile individuare metodologie di cooperazione tra le pubbliche amministrazioni anche in fase di definizione delle informazioni e delle funzionalità che devono essere scambiate tra loro, nonché di progettazione di software cooperativi, in grado di mettere a disposizione di altri applicativi le proprie funzionalità, per esempio attraverso architetture multi-layer e processi di workflow. Da questo scenario emerge la necessità di realizzare, per il futuro stesso dei piani di e-government e per l'ammodernamento del settore pubblico, un coordinamento equiordinato tra amministrazioni territoriali e amministrazione centrale. Il processo sarà evidentemente complesso.

Per evitare la differenziazione del settore pubblico in sottosistemi parziali e non interoperabili, una prima via percorribile può essere rappresentata dall'avvio di un coordinamento a livello regionale, nel quale ogni Ente locale possa partecipare ad un network paritario coordinato dalla Regione. In questo modo si garantirebbe un continuo dialogo tra enti locali ed una sufficiente uniformità nei processi interni, talché i dati e le informazioni detenute da una amministrazione siano realmente disponibili ed accessibili per via telematica alle altre amministrazioni.

Il coordinamento nazionale per la modellazione dei procedimenti intra ed inter amministrativi - indipendenti dalle tecnologie - può essere garantito dall'apporto della Conferenza Unificata Stato-Regioni-Città e Autonomie locali, che in questa veste rappresenta il luogo ideale per la guida del Paese verso la realizzazione della cittadinanza digitale.

  • Accesso telematico a dati e documenti (secondo livello)

È chiaro che il percorso tracciato dalla legislazione degli ultimi anni segna un importante momento di evoluzione anche nei rapporti tra cittadini e pubbliche amministrazioni. Va in particolare ricordata la Legge 15/2005, che, accogliendo gli orientamenti prevalenti in dottrina e giurisprudenza, ha novellato la legge sull'accesso delineando una disciplina puntuale e precisa, ancorché siano state sollevate perplessità sull'efficienza della procedura prevista. Il nuovo articolo 22 della Legge 241/1990 attribuisce il diritto d'accesso a tutti i privati portatori di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento per il quale è richiesto l'accesso.

È irrilevante che il documento sia stato formato dall'amministrazione destinataria della richiesta di accesso. Gli elementi qualificanti sono la detenzione da parte dell'amministrazione e il fatto che il documento concerni un'attività non più semplicemente amministrativa, ma di interesse pubblico. In un contesto tecnologico, di informatizzazione delle procedure di accesso, la norma richiamata pone un problema di non poco momento. Essa, infatti, stabilisce la "non accessibilità" delle informazioni che non abbiano forma di documento amministrativo. Così prescrivendo, tuttavia, si trascura la nozione di documento informatico adottata nel nostro ordinamento [1], che abbraccia, al pari della rappresentazione di atti o fatti, anche la rappresentazione di dati.

L'accesso telematico, dunque, dovrebbe tener conto di questo aspetto importante: nell'era di Internet e della comunicazione digitale deve essere garantito l'accesso anche ai dati che abbiano una rilevanza autonoma e giuridica, altrimenti si rischierebbe di limitare le potenzialità delle innovazioni tecnologiche in ambito pubblico. Tuttavia, quanto stabilito dal nuovo art. 22 della legge 241/1990 non sembra essere il risultato di una scelta pienamente consapevole, piuttosto il prodotto della difficoltà di governare in modo coerente l'innovazione del settore pubblico nel suo complesso.

Basti considerare che sia l'art. 59 del D.P.R 445/2000 sia l'art. 52 del D.Lgs. 82/2005 riconoscono l'importanza dell'accesso per via telematica ai dati e alle informazioni delle PPAA, e non solo ai documenti amministrativi. È dunque necessario che, attraverso la reingegnerizzazione dei processi interni alle amministrazioni, sia garantita anche la disponibilità dei dati digitali detenuti dalla PA nei propri registri e archivi. La complessità del processo di ammodernamento del settore pubblico emerge ancor più chiaramente se si considerano le interrelazioni esistenti tra i primi due livelli di comunicazione (inter-amministrativo e inter-soggettivo).

Anche nei rapporti tra cittadino e amministrazione, infatti, risulta determinante il coordinamento e la cooperazione tra PPAA, al fine di individuare regole operative sull'accesso che siano in grado di garantire uniformità a livello nazionale. Solo una cooperazione applicativa integrata alle procedure di accesso telematico potrà realizzare quell'importante obiettivo fissato dal piano di e-government del 23 giugno 2000: "il cittadino potrà ottenere ogni servizio pubblico, cui ha titolo, rivolgendosi ad una qualsiasi amministrazione di front-office abilitata al servizio, indipendentemente da ogni vincolo di competenza territoriale o di residenza".

Non si deve dimenticare, infatti, la rilevanza dei servizi pubblici erogati telematicamente. Essi rientrano tra le finalità strategiche delle politiche di ammodernamento del settore pubblico, sia a livello comunitario, sia a livello nazionale: rappresentano uno dei passaggi centrali dei piani di e-government [2].

Ciò nonostante, si sceglie in questa sede di non affrontare questo tema per due ordini di ragioni: in primo luogo, perchè i servizi on line sono oggetto di ampia trattazione da parte della letteratura, ancorché non sempre con la giusta attenzione quanto alle precondizioni di back-office necessarie per la completa gestione dei servizi telematici avanzati; in secondo luogo, per evidenziare che, in questa fase del processo di ammodernamento pubblico, altri grandi temi necessitano di rinnovato impegno.

Un'ampia transizione verso modalità di erogazione on line dei servizi pubblici potrà infatti realizzarsi solamente attraverso una coerente progettazione dei processi di back-office e un effettivo dialogo telematico tra sistemi informativi (i.e. interoperabilità evoluta e cooperazione applicativa). Oggi, una disposizione programmatica contenuta nel D.Lgs. 82/2005 sembra individuare la via per il futuro dell'amministrazione digitale: "Le pubbliche amministrazioni collaborano per integrare i procedimenti di rispettiva competenza al fine di agevolare gli adempimenti di cittadini ed imprese e rendere più efficienti i procedimenti che interessano più amministrazioni, attraverso idonei sistemi di cooperazione" (art. 63 comma 3 CAD).

Partecipazione e trasparenza (terzo livello)

Le tecnologie di comunicazione rilevano direttamente nei rapporti tra Cittadini e Istituzioni, sia che si ritenga persista il "principio di divisione" tra Stato e società civile, sia che si aderisca alla posizione di chi vede, nello sviluppo dei diritti sociali, una maggiore, e tendenzialmente perfetta, corrispondenza tra governanti e governati. Non di rado con l'espressione "democrazia elettronica" (o e-democracy) si individuano nuove forme e modalità di partecipazione diretta dei cittadini alla vita politica. Invero, questa espressione evoca tensioni e valori più ampi e universali.

Non è possibile individuare un modello unico di governo democratico. Molteplici le ragioni (soprattutto extra-giuridiche) che determinano la scelta verso una particolare forma di stato e di governo, e queste ragioni non possono essere certamente condizionate dall'introduzione delle nuove tecnologie. Esse, piuttosto, possono coadiuvare le Istituzioni nel realizzare e gestire in modo più efficiente i meccanismi e le procedure alla base del funzionamento dello Stato, siano essi strumenti di democrazia diretta, deliberativa o rappresentativa. La governance dell'innovazione tecnologica rappresenta una via per alimentare il continuo rinnovamento verso modelli sempre più efficienti.

Non vanno in ogni caso sottovalutate le forme di partecipazione dei cittadini alla vita pubblica. La collaborazione tra cittadini e amministrazione è certamente un aspetto positivo, se ben progettata e costruita. Due, tuttavia, possono essere le ragioni per le quali gli strumenti di partecipazione diretta non rappresentano il nodo centrale dell'innovazione tecnologica nella società contemporanea. In primo luogo, nelle c.d. democrazie avanzate pare emergere piuttosto chiaramente che l'ampiezza e la sicurezza della sfera dei diritti riconosciuti ai cittadini tendono ad assopire il coinvolgimento dei cittadini nella vita politica, quasi favorendo un atteggiamento passivo, di disinteressamento verso le attività svolte dalle Istituzioni.

Ciò, al contrario, sembra essere il motivo dell'importanza riconosciuta dalla politica agli strumenti di democrazia diretta nei Paesi in via di sviluppo. In secondo luogo, vanno considerati i reali ostacoli alla partecipazione attiva dei cittadini nelle fasi decisionali e nei processi di formazione delle leggi. Essi non sono certamente di natura tecnologica, ma organizzativa, culturale e financo costituzionale. Prima o contestualmente alla progettazione di strumenti tecnologici per la partecipazione diretta dei cittadini alle fasi decisionali delle Istituzioni, sarebbe dunque opportuno prendere coscienza di quanto emerso dai numerosi studi condotti in ambito politico-sociale sulle difficoltà e i problemi posti dalla c.d. democrazia diretta.

Con ciò, si ribadisce, non si vuole negare l'importanza degli strumenti di partecipazione. Al contrario. Muovendo dalla tesi pluralista che evidenzia lo stato di crisi della democrazia rappresentativa, sembra ragionevole attendersi un maggiore coinvolgimento nella vita politica delle realtà associative e di gruppi di interesse. In definitiva, una valorizzazione di meccanismi assimilabili agli strumenti di democrazia deliberativa. La società tecnologica rende evidente un problema di fondo delle società democratiche: la necessità di ridurre la complessità dei problemi, affinché possano essere accessibili ai processi democratici. L'interdipendenza che caratterizza ogni settore della società acutizza la complessità delle decisioni politiche.

Più complesso diventa dominare i processi decisionali in modo coerente. In una realtà come quella odierna, tecnico-scientifica e altamente organizzata, deve essere affrontato il rischio di discrasia tra le competenze specifiche e le competenze decisionali, rischio che può portare a uno scollamento tra decisioni politiche ed esigenze sociali. Non è dunque un caso che si siano introdotti strumenti, come per esempio le consultazioni pubbliche, che mirano al coinvolgimento - seppur in modo non vincolante - delle realtà più organizzate del tessuto sociale. Questi sono strumenti che incentivano l'associazionismo e veicolano all'interno delle istituzioni il pensiero e le opinioni di comunità e realtà locali. Il progresso tecnologico è in grado di favorire questo coinvolgimento e, al contempo, ne rappresenta vivo presupposto.

Con riferimento ai piani di e-government, è necessario che gli organi di governo sappiano coordinare un piano decisionale coerente ed efficiente sulla base delle proprie capacità di governance, nonché grazie all'esperienza e alle competenze di coloro i quali - scienziati, studiosi e operatori del settore - siano in grado di apportare il know how e il know why indispensabili. Quanto agli strumenti di partecipazione, decisiva sarà la via per l'attuazione del principio generale sancito dall'art. 9 del Codice dell'amministrazione digitale: "Lo Stato favorisce ogni forma di uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all'estero, al processo democratico e per facilitare l'esercizio dei diritti politici e civili sia individuali che collettivi". La sfida per i decisori tecnologici si porrà nell'individuare forme idonee di partecipazione dei cittadini. Internet rappresenta un grande mezzo di condivisione e di incontro di idee; la funzione sociale della Rete delle reti è innegabile.

La partecipazione dei cittadini alla vita politica potrà dunque essere veicolata in primo luogo attraverso meccanismi, basati sui principi di libertà ed eguaglianza, che coinvolgano le comunità e i gruppi di azione. Questi meccanismi di "partecipazione strutturata" rappresentano un forte incentivo alla promozione e valorizzazione delle libere forme associative: significherebbe cogliere le istanze sociali e capire che le comunità, piccole o grandi, locali o globali, hanno la possibilità oggi, grazie a Internet, di realizzare momenti di discussione e cooperazione, anche politica. Questa forma di collaborazione organizzata risulterebbe utile per mantenere una posizione di mediazione tra la difesa degli interessi individuali, da un lato, e il potere politico decisionale riferito alla collettività, dall'altro. Questo, sia come metodologia democratica generale, sia per lo sviluppo dei piani di e-government.

L'efficienza funzionale delle istituzioni e delle pubbliche amministrazioni dipenderà da come verrà gestita questa mediazione, attraverso quali modelli e procedure di coordinamento e cooperazione. Il dialogo partecipativo e collaborativo tra Istituzioni e Cittadini potrà trovare giovamento nei nuovi mezzi di comunicazione e interazione elettronica. Sarà in ogni caso necessario che gli amministratori sappiano impiegare in modo opportuno questi strumenti e realizzare quelle precondizioni indispensabili per un'equa e distribuita partecipazione. Le reti civiche potrebbero essere rimodellate in community network, ossia reti a carattere partecipativo con forum e aree di discussione.

Tuttavia, la forza della Rete permette ai cittadini - senza l'intervento dei pubblici poteri - di costituire gruppi e comunità di discussione. I governanti, dunque, dovrebbero cogliere i segnali di una realtà ormai palesatasi, progettando e costruendo meccanismi democratici che sappiano valorizzare le opportunità che la tecnologica riconosce direttamente ad ogni singolo individuo. Al contempo i piani di e-government dovrebbero mirare a realizzare nel settore pubblico gli aspetti chiave della rivoluzione digitale: cooperazione interamministrativa, accesso alle informazioni, partecipazione strutturata. Nei rapporti tra Istituzioni e Cittadini vi è inoltre un altro aspetto da considerare, tutt'altro che irrilevante. Principio comune dei regimi democratici, il valore comune delle c.d. "società avanzate", è infatti la trasparenza dell'azione amministrativa e di governo (centrale o locale), ovvero la conoscenza/conoscibilità degli atti e delle attività delle Istituzioni. Internet rappresenta una grande risorsa per l'accesso alla conoscenza.

La possibilità - e il diritto - di accedere agli atti istituzionali, alle informazioni sulle attività di governo, e anche al patrimonio normativo e giuridico sui poteri e i compiti delle Istituzioni, sono i presupposti fondanti i meccanismi di controllo dei cittadini e la responsabilità dei governanti. Lo stesso piano nazionale per l'e-government e i processi locali di reingegnerizzazione e digitalizzazione dell'azione amministrativa devono soddisfare questa esigenza di trasparenza, in un quadro programmatorio che renda conoscibili gli obiettivi fissati, i criteri usati per la loro individuazione e i risultati raggiunti. Questo approccio alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione può mutare la comune accezione riconosciuta all'espressione "democrazia elettronica", evocando in primis quel valore universale che risiede nella realizzazione di una trasparenza informatica dell'azione di governo e nell'accesso agli atti e alle informazioni.

STATO DI DIRITTO, TECNOLOGIE E PRECONDIZIONI DI DEMOCRAZIA

Il modello di "Stato di diritto" individua, attraverso le tecnologie di informazione e di comunicazione, nuove vie di sviluppo, ma anche nuove sfide da affrontare. É bene anzitutto partire dalla considerazione che questo modello teorico è costruito, tra gli altri, su questi imprescindibili elementi: eguaglianza e libertà dei cittadini. Come il diritto e gli ordinamenti giuridici possono realizzare questi obiettivi in una società altamente tecnologica? Il problema delle attuali democrazie, come del resto di quelle del periodo prettamente industriale, è determinato dal rischio di divergenza tra principi costituzionali universali e principi che regolano l'azione dei Governi. Il riconoscimento formale dei diritti dell'individuo non assicura infatti un coerente esercizio del potere politico-amministrativo.

È necessario superare quel compromesso determinato dall'utilità sociale e dalla necessità politica, che genera un progressivo sbiadimento dei diritti individuali. Affinché il principio di uguaglianza possa trovare attuazione nella "società dell'informazione", devono essere garantite eguali condizioni di accesso all'informazione. I governi sono in primo luogo chiamati a realizzare quelle precondizioni presupposte all'autodeterminazione del cittadino, per evitare una altrimenti inevitabile frattura sociale (generazionale o territoriale). Invero, la frattura tra ricchi e poveri ha ulteriori e profonde radici. L'accesso all'informazione rappresenta una, non certo la sola, condizione per l'eguaglianza dei cittadini nel libero esercizio dei diritti politici e civili.

È in ogni caso compito delle Istituzioni quello di assicurare la formazione e l'alfabetizzazione informatica dei cittadini e dei dipendenti pubblici (si vedano gli articoli 8 e 13 del CAD) [3], fattori indispensabili per l'impiego delle nuove tecnologie nei rapporti con le pubbliche amministrazioni. I governi devono assicurare, anche attraverso un sistema scolastico evoluto, un livello adeguato di conoscenza delle tecnologie, presupposto per la socializzazione e la formazione intellettuale e culturale dei cittadini. Vero è che l'alfabetizzazione informatica, senza la creazione di uno scenario nel quale sia davvero possibile utilizzare gli strumenti tecnologici, varrebbe a poco. Il c.d. "divario digitale" (o digital divide) rappresenta infatti la disuguaglianza dei cittadini sia nelle capacità di utilizzo delle nuove tecnologie, sia nelle condizioni di accesso ad esse.

Se le nuove tecnologie hanno un forte impatto sulla struttura ordinativa della società, e di essa creano le condizioni di emancipazione strutturale, il divario digitale, al contrario, frustra gli elementi caratterizzanti lo Stato di diritto, impedendo qualunque percorso di sviluppo democratico. Perchè in una società tecnologicamente avanzata si realizzi una "vera cittadinanza", devono dunque trovare attuazione tutte le precondizioni sociali e culturali. Realizzate queste precondizioni di democrazia, la richiesta di interazione telematica da parte dei cittadini, da un lato, e la capacità delle PPAA di soddisfare quelle richieste, dall'altro, innescheranno un processo virtuoso che progressivamente porterà alla completa digitalizzazione del settore pubblico.

È chiaro che la strada da intraprendere deve essere tecnologicamente neutrale e non può condurre a una specifica tecno-dipendenza. L'idea moderna di Stato di diritto - sotto la spinta multidimensionale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione - fa proprio l'obiettivo di governare il processo di democratizzazione sociale in atto. Non deve ergersi a decisore del bene comune, ma deve interpretare le istanze che emergono dall'uso sociale di Internet e dalle comunità virtuali che in ogni campo, in ogni settore, nascono e crescono. Bene, dunque, che lo Stato favorisca l'alfabetizzazione informatica, senza intraprendere strade a senso unico verso una particolare opzione tecnologica e fornendo ai cittadini gli strumenti per accedere alle risorse software e hardware rese disponibili dal progresso. La tecnologia non è un'entità autonoma che produce effetti e conseguenze sociali.

Nell'analisi dei rapporti tra società e tecnologia, è dunque necessario rivedere l'opinione di chi consideri quest'ultima come ragione dei cambiamenti sociali. In realtà, è vero anche l'esatto contrario: la società influenza la tecnologia e governa (o dovrebbe governare) il progresso tecnologico sulla base delle proprie esigenze. Come già emerso in altri ambiti (per esempio nel diritto ambientale e nella tutela del patrimonio naturale), anche con riferimento al progresso tecnologico e alle nuove esigenze di alfabetizzazione, lo Stato dovrebbe compiere scelte politiche che siano in grado di tutelare e salvaguardare i diritti dei cittadini di domani. I diritti delle future generazioni dipenderanno anche dalle scelte che in questi anni si compiranno nel processo di ammodernamento degli Stati, in relazione ai diritti degli individui di fronte alle nuove tecnologie.

I sistemi di protezione sociale (c.d. Welfare State) possono realizzare diversi obiettivi, in relazione alla rilevanza e al peso riconosciuti all'equità sociale distribuita, all'efficienza o alla crescita economica. Tra i molti obiettivi vi è certamente la riduzione dell'esclusione sociale. Se si applicassero i criteri di indagine tipici delle trattazioni del diritto costituzionale e del diritto pubblico, ci si accorgerebbe che il processo di rinnovamento del settore pubblico attraverso modelli di e-government è poco più che in una fase iniziale. Chi sono i soggetti titolari dei diritti? Qual è il regime giuridico applicabile? Quali le forme di tutela dei diritti? Saremmo in grado di rispondere solo alla prima di queste domande, peraltro riservandoci su quanti effettivamente siano nelle indispensabili pre-condizioni di accesso e conoscenza. Il cammino dei piani di e-government - nel realizzare i tre livelli di comunicazione sopra descritti, tra loro strettamente collegati e interdipendenti - dovrà necessariamente giungere alla definizione di un regime giuridico sull'uso delle tecnologie in ambito pubblico che riconosca diritti realmente esigibili.

INTERNET E GLI STATI

L'attuale epoca è fortemente connotata dalle cause e dagli effetti del processo di globalizzazione. Tale processo è determinato essenzialmente da tre fattori: uno economico, ovvero lo sviluppo di traffici internazionali e di rapporti commerciali tra Stati; uno politico, sviluppatosi nel corso del XX secolo e determinato dall'abbattimento della cortina di ferro e della contrapposizione tra comunismo e capitalismo; uno, infine, tecnologico, che ha portato poco più di quindici anni fa alla nascita del World Wide Web. L'interconnessione globale rappresenta dunque una delle variabili del processo di mondializzazione in atto; esse determinano tra loro variazioni correlate, pur essendo reciprocamente indipendenti.

Dopo quasi un secolo dalla pubblicazione di "The Great Illusion", libro del premio nobel Norman Angell, sembra emergere in Internet una nuova interdipendenza tra gli Stati. Non è possibile sapere se e come si giungerà alla definizione di un diritto internazionale di Internet, una Rule of Cyberspace Law in grado di integrare culture di popoli diversi sulla base di valori e principi condivisi, imbrigliando così gli scatti di potenza dei Governi assoggettandoli al diritto. Certamente Internet ha e avrà un impatto determinante nei rapporti tra gli Stati. L'ideale di una democrazia elettronica si proietta sullo sfondo delle relazioni tra i popoli: la cooperazione dei Governi e delle comunità epistemiche risulta essenziale per la realizzazione di una governance transnazionale che favorirà il riconoscimento, in ogni Nazione, dei fondamentali diritti del cittadino all'accesso all'informazione e alla conoscenza.

L'importanza di un diritto condiviso dell'Internet risiede non solo nel trovare regole sui rapporti giuridici instaurati per mezzo della Rete, ma anche e soprattutto sulle regole applicate ad essa. Queste regole governeranno Internet e condizioneranno le modalità di interazione tra individui e il processo stesso di emersione di un'universalità sociale. L'accesso all'informazione e alla Rete rappresenta un parametro importante con cui misurare il pensiero politico moderno. L'Europa ha un compito importante in questo processo internazionale di definizione della governance di Internet che non dovrà solo fondarsi sulla costruzione di mercati e relazioni commerciali, quanto su diritti, progetti e Istituzioni comuni.

La cultura politica europea, incentrata sull'uguaglianza e la libertà degli individui, può dunque rappresentare un importante contributo nel dibattito internazionale per valorizzare una concezione della tecnologia quale strumento per il miglioramento razionale delle società e delle Istituzioni. Positivo apprezzamento va alle iniziative del Governo italiano nell'intessere rapporti di cooperazione con altri Stati in tema di e-government. Con la realizzazione di modelli di governo elettronico nei Paesi in via di Sviluppo, l'Italia si propone di aumentare l'efficienza e la trasparenza dei processi democratici, favorendo le sinergie con altri Stati e, dunque, la crescita dei rapporti internazionali. Contribuire alla costruzione di modelli di governo elettronico significa favorire la circolazione e l'interscambio di informazioni a livello globale.

Le ragioni per le quali queste iniziative di collaborazione risultano particolarmente importanti sono essenzialmente due:

  • (i) in primo luogo, l'Italia si fa parte attiva del progresso tecnologico in ambito internazionale e al contempo acquisisce capacità di realizzazione in contesti differenti, affinando le proprie capacità di governance;
  • (ii) in secondo luogo, il nostro Paese favorisce la crescita (anche tecnologica) di Paesi in via di sviluppo, la cui presenta nel contesto mondiale è quanto mai importante per lo sviluppo di una visione condivisa di Internet. È nell'interesse di tutti che la comunità internazionale si popoli di nuove realtà di governo e nuove realtà sociali. In questo scenario di policentrismo internazionale, ciascuno Stato è chiamato a definire un proprio spazio politico che proietti su scala globale i diritti dell'uomo e del cittadino.

Se e come Internet modificherà le geometrie politiche degli Stati, dipenderà da come i Governi si sapranno relazionare sui grandi temi legati alla governance di Internet, e non solo. È ormai tempo che le Istituzioni nazionali e i governi sviluppino una politica tesa a ridefinire i processi tecnologici realizzando modelli sostenibili, inclusivi e realmente efficaci per il riconoscimento dei diritti fondamentali dei cittadini. Il diritto pubblico, in questo contesto, può rappresentare la via per bilanciare - con razionalità globale - i rischi di un progresso tecnologico non sostenibile.

Così come le tecnologie di domani saranno il prodotto dell'evoluzione di quelle oggi esistenti, anche gli individui, come essere sociali, discenderanno da quelli delle generazioni che vivono questo tempo. I decisori hanno il compito di governare questa evoluzione - nella quale sistemi tecnologici e sistemi socioculturali amplificano l'uno il dominio d'azione dell'altro - favorendo il libero progresso tecnologico e garantendo eque condizioni di accesso alla conoscenza.

NOTE

[1] “La rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti” (d.P.R. 445/2000 art. 1, c. 1, lett. b; CAD art. 1, c. 1, lett. p).

[2] Cfr.: Consiglio europeo di Lisbona, 23-24 marzo 2000; Decisione, Parlamento e Consiglio, 21 ottobre 2002, n. 2045/2002/CE; Comunicazione della Commissione del 1° giugno 2005 "i2010 - Una società europea dell'informazione per la crescita e l'occupazione"; Comunicazione della Commissione del 25.04.2006 COM(2006) 173 "Il piano d'azione eGovernment per l'iniziativa i2010: accelerare l'eGovernment in Europa a vantaggio di tutti". Inoltre: Piano nazionale di e- Government 22.06.2000; Direttiva M.I.T. del 4 gennaio 2005; Direttiva M.I.T.-M.F.P. 27 luglio 2005; D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Sezione III - Capo IV); “Verso il Sistema nazionale di e-government” - Linee strategiche, marzo 2007.

[3] Art. 8 - Alfabetizzazione informatica dei cittadini: “Lo Stato promuove iniziative volte a favorire l'alfabetizzazione informatica dei cittadini con particolare riguardo alle categorie a rischio di esclusione, anche al fine di favorire l'utilizzo dei servizi telematici delle pubbliche amministrazioni”. Art. 13 - Formazione informatica dei dipendenti pubblici: “Le pubbliche amministrazioni nella predisposizione dei piani di cui all'articolo 7-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e nell'ambito delle risorse finanziarie previste dai piani medesimi, attuano anche politiche di formazione del personale finalizzate alla conoscenza e all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione”.

Aspetti giuridici IGF 2007
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