INTERVENTO DI ALESSANDRO NICOTRA

ESPERTO IN DIRITTO INFORMATICO

TRA POTERI FORTI E POLITICA: SOCIETÀ DELL'INFORMAZIONE O DEL TERRORE?

Il nome dato al vertice di Tunisi è di quelli impegnativi: "World summit on the information society". Impegnativo ed ostico, perché dietro quella parolina: "informazione", coesistono e sembrano fronteggiarsi due approcci e due modi diversi d'intenderla.

Da un lato l'approccio scientifico e culturale di chi vede nell'Internet uno straordinario veicolo di diffusione del sapere che, grazie alla libera circolazione delle idee (altrimenti definite in alcuni casi "prodotti" o "beni intellettuali"), permette tassi di crescita e di sviluppo rapidissimi, dovuti proprio alle sinergie ed alle collaborazioni rese possibili dal corretto e libero uso di questo mezzo.

Dall'altra parte, invece, vi è l'approccio di chi è consapevole che l'informazione è "potere" ed intende la "governance" non come un problema di coordinamento tecnico-gestionale, ma come una questione politica ed economica, giustificata da ragioni di ordine pubblico e di tutela della proprietà intellettuale.

A metà fra queste due visioni "fideistiche" o quantomeno "ideologiche", si collocano le masse, i popoli, le persone, in una parola quella società civile che è stata invitata ad esprimersi attraverso persone competenti, capaci, consapevoli, che rappresentano l'utenza finale, i cittadini e quanti l'Internet l'hanno scoperta, se ne sono innamorati e l'hanno trasformata in quella straordinaria rivoluzione digitale che, storicamente, ricorda quanto accadde con l'avvento della rivoluzione industriale.

Lo spazio a disposizione è troppo breve per poter esporre nel dettaglio teorie economiche ed esperienze storiche che dovrebbero suggerire di investire questi rappresentanti della Società civile del ruolo di mediatori, piuttosto che relegarli al ruolo di "padrini" in quello che, allo stato attuale, si prospetta più come un duello od un regolamento dei conti che come un summit ONU.

La riprova ne sono quelli che saranno i due principali temi del dibattito: l'Internet Governance e le modalità di finanziamento per colmare il "Digital Divide" dei paesi in via di sviluppo…. A prima vista e non solo a prima vista, appare uno scontro annunciato tra tecnocrati, politici e lobby economiche in rappresentanza dei vari stati.

Dove per "Tecnocrazia" si intende il governo dei tecnici, ma dove a qualificare come tecnocrate non è la specializzazione, quanto la convinzione di possedere gli elementi per poter applicare la tecnica al governo di ogni ambito umano.

I politici più accorti, non dovrebbero farsi convincere dalle argomentazioni e dalle lusinghe di lobby economiche, magnanimamente disposte a finanziare quelli che, per loro, sono solo nuovi mercati ed ossigeno rispetto ad un occidente saturo ed in recessione.

L'11 settembre ed il terrorismo non sono certo frutto della povertà, come taluni asseriscono, visto che menti e mandanti sono da rinvenire tra ex studenti delle università di Oxford, Cambridge e financo Harvard.

Il Digital Divide ed il problema dello sviluppo lo si vive e lo si avverte anche nelle periferie urbane del "primo e secondo" mondo, dove già vi sono tensioni sociali e non è difficile prevederne altre… Basterebbe ricordare alcuni exploits xenofobi in Olanda, in Germania, in Francia.

Quanta minore ambiguità e quale diverso confronto si avrebbero se al posto di "informazione" si usasse il termine "cultura"? Non quello di "civiltà", che evoca guerre e scontri causati da ignoranza, paura o rifiuto della diversità, bensì quello di "cultura". Pura e semplice cultura, ovvero un termine che reca in sé, per antonomasia, inclinazioni ed attitudini al dialogo ed al confronto, nonché desiderio di conoscenza e di sapere. Perché è dalla conoscenza e dal sapere che nascono la consapevolezza, le scelte, talvolta persino la cooperazione che porta allo sviluppo e comunque, sempre, il rispetto degli altri.

Prima che di "governance" dell'Internet o del Digital Divide, sarebbe auspicabile che tutti si rendessero conto di quale miracolo culturale è stato e può continuare ad essere la Rete: generatrice di un esperanto, ovvero di una lingua globale che unisce e si identifica, in parte, nel mezzo stesso, tanto da essere entrato nel lessico comune l'espressione "il popolo della Rete".

Questi e non altri è l'aspetto principale sul quale fondare e costruire accordi che si occupino di contrastare quelle che sono, come nella vita quotidiana nelle persone umane ed in ogni angolo del mondo, le patologie. L'alternativa è regredire ad una disputa sulla titolarità e sulla gestione dei DNS routing, sulle future sorti dell'ICANN e regredire quindi al dietrofront del governo americano (o di parte di esso e comunque NON degli americani come popolo).

Un dietrofront ed una regressione che il "resto del mondo" vede come una "prepotenza" USA, ma che in realtà colpisce in primis il popolo americano. Almeno stando a certe notizie date dalla stessa stampa statunitense, come quella di un cittadino americano, condannato da un giudice del Minnesota, poiché in possesso di hard disk steganografato, quindi dal contenuto non identificabile.

Primo ed unico precedente di presunzione di colpa, anziché la consueta applicazione del principio legislativo americano della formula che richiede, per essere condannati, la colpevolezza "al di là di ogni ragionevole dubbio). Oppure ancora, fonte agenzia Reuters dell'8/7/2005, pare che ben 9 utenti su 10 abbiano cambiato le loro abitudini nell'utilizzo del Web per paura degli spyware.

L'attuale clima, dal lato dell'utenza, che si inizia a percepire attorno all'Internet è quella di giacobiniana memoria ovvero l'epoca del "Terrore".

Si aggiungano le politiche di criminalizzazione, che sono spesso il frutto della paura di chi non conosce il mezzo, il fenomeno, i meccanismi. Di chi non vuole una società dell'informazione e di chi, e sono in molti ad avere questa sensazione, sembra orchestrare la divulgazione di notizie atte a trasformare questo "esperanto" in ben altro tipo di linguaggio, tristemente e storicamente noto: per interessi, per effetti e per risultati.

Così ad un ICANN ancora in mani USA, la Turchia dichiara già pronti i suoi DNS, la Cina ed altri stati proseguono nelle loro politiche censorie, attuate attraverso i proxy di stato, e "noi occidentali" invece di esportare la "cultura" dell'informazione ci preoccupiamo che il trasferimento tecnologico non avvenga a titolo gratuito.

Gratuito per chi? Per le consorterie dei paesi in via di sviluppo affette spesso da atteggiamento passivo-assistenzialista ("dammi il pesce, non insegnarmi a pescare, ti pagherò con le risorse naturali…."), da gestioni degli aiuti… oligarchiche o da parte di alcuni dittatori locali?

La storia insegna che, con la corda acquistata con cui volevano impiccarli, certuni ci si sono imbrigliati da soli, e che quei fucili - alta tecnologia dell'epoca -, che alcuni scaltri coloni vendettero ai pellerossa americani, servirono per farli fuori più rapidamente.

L'Internet "Governance" dovrebbe, proprio per i suesposti motivi, essere terreno di cooperazione e di incontro, non di scontro o di vecchi errori. Siamo di fronte ad un'occasione unica e per certi versi irripetibile: arricchimento, crescita e di sviluppo globali con possibilità di indirizzare poteri ed autorità di vigilanza e contrasto là dove veramente servono.

Senza nulla togliere, ovviamente, secondo la teoria economica sul ciclo di vita dei prodotti, a quei paesi che hanno innovato e che, anzi, avranno ritorni economici e motivazioni a sufficienza per investire ed innovare ulteriormente.

Ma.. Ovviamente c'è una condizione essenziale ed un "ma". Questa condizione è il valore attribuito alla "variabile" rappresentata dalla società civile. Quella stessa società civile che ha dei "veterani".

Veterani che l'Internet e la società dell'informazione le hanno contribuito a costruire ed animare attraverso creazione di siti, scambi di know how via e-mail, via chat, attraverso scontri epistolari in Usenet od attraverso collaborazioni gratuite in progetti o software di tipo "open source" e… persino attraverso uno scambio di "proprietà intellettuale".

Scambio, si badi bene, effettuato non già sotto forma di furto, esproprio proletario o di speculazione commerciale, bensì sottoforma di equa ed accrescitiva condivisione. Questa marea di veterani che non ha colore politico, o di cui la parte "colorata" è solo la parte più rumorosa, va "usata" come gateway, va gratificata ed incentivata, va coinvolta in un processo culturale, economico, accademico, globale ed è in grado, come ha già fatto, di animare, di gestire, di mantenere in vita e di far proseguire quella sorta di miracolo e di circolo virtuoso, senza il quale, a Tunisi, né le Nazioni Unite, né altri, avrebbero avuto interesse e motivo di organizzare un summit.

Sono al tempo stesso l'unica variabile "impazzita" (ovvero non controllabile) capace di diffondere quel tipo di informazione che è antidoto stesso di ogni terrore e, soprattutto, di portare e diffondere ai vicini così come ai lontani quella alfabetizzazione informatica e culturale necessaria per colmare il gap digitale.

Altra e diversa cosa, infatti, sono come è già stato da altri egregiamente sottolineato le "patologie della Rete". Contraffazione e ricettazione, diffamazione e pedofilia, sfruttamento minorile ed altro, esistevano anche prima ed è proprio grazie a questo stesso mezzo che, non si sono diffuse e propagate meglio e più velocemente, come erroneamente si crede, ma anzi, sono emerse, sono diventate visibili e pertanto anche contrastabili.

Contro queste patologie, potete aspettarvi appoggio ed idee da parte dei "veterani" e del "popolo della Rete". Sostegno a "Pubblic Policy"… sostenibili e sostegno pubblico a cooperazioni e trattati che migliorino la gestione della Rete, che contrastino le patologie della Rete…. Quelle vere, però.

Quelle serie e non generate magari dalla stessa multinazionale che produce sia il supporto, sia il "prodotto" intellettuale ospitato sul supporto, sia analogo supporto vergine e pure gli strumenti per la diffusione. Chi produce le macchine, non può introdurre contemporaneamente anche il divieto di circolazione.

Non si abbia paura di cittadini liberi e consapevoli. Non si ceda alla tentazione di poter controllare tutta l'informazione o di considerarla mero "prodotto di mercato", altrimenti il problema non saranno le modalità di finanziamento ai paesi in via di sviluppo, ma quelle di contrasto interno e di contenimento sociale. Una divisione non tra Nord e Sud del mondo o fra nazioni, ma all'interno di ciascun paese.

I boat people cubani, africani, asiatici, non rischiano la vita perché non hanno internetpoint o pc, ma perché da loro non vi sono specialisti capaci di produrre soluzioni a problemi grazie allo studio ed al confronto internazionali oppure ancora perché sono privi di libertà e di democrazia.

Tutto questo deve essere, come dichiarato ma rimasto sulla carta, tra le prime vere finalità oggetto della "Internet Governance", nonché dei criteri di individuazione nell'attribuzione di aiuti, ruoli e responsabilità.

Tutto questo ha già un modello e, paradossalmente è quello che, ora, preme maggiormente "regolamentare" o sfruttare economicamente. Il modello "vincente" c'è già: si chiama ICANN, si chiama Internet ed è questa la vera Società dell'Informazione che non può e non deve trasformarsi da mezzo di comunicazione a mera… arma.

ALESSANDRO NICOTRA

  • Alessandro Nicotra, è nato e risiede a Milano, laureato in giurisprudenza.
  • Specializzato in diritto informatico e impegnato e presente in Internet dal 1994, ha cooperato alla crescita della Usenet italiana, proposto ed ottenuto la creazione del primo gruppo nel quale si potesse discutere di cultura e religione (it.cultura.cattolica).
  • Promotore e responsabile di numerosi progetti e siti web, dedicati al diritto informatico ed al processo telematico, all'alfabetizzazione informatica, alle situazioni di disagio ed emarginazione sociali, alla promozione di cultura, software e modelli di sviluppo, economico-formativi, basati sull'e-learning e su sistemi e licenze di tipo open source o creative commons.
Quaderno WSIS 2005 indice
Nicotra