INTERVENTO DI JOY MARINO

ASSOCIAZIONE ITALIANA INTERNET PROVIDER

Internet Governance

[Quelle che seguono sono considerazioni personali; ciò non di meno, rappresentano un punto di vista che trova ampia condivisione nel campo degli ISP, ed in particolare di AIIP (Associazione Italiana Internet Providers) di cui faccio parte. Joy Marino]

Il talento naturale

A tutti gli allenatori o insegnanti sportivi capita, almeno una volta nella vita. Quando ti trovi davanti un vero talento naturale, una giovane promessa che ha tutti i numeri per riuscire a sfondare, in quel particolare sport oppure in qualsiasi disciplina sportiva.

Il compito del maestro in quelle circostanze è facile e difficile allo stesso tempo: facile, perché qualunque cosa insegnerà troverà terreno fertile e verrà fatta propria dall'allievo, e difficile, perché ogni intervento che farà potrà interferire con, e qualche volta perfino pregiudicare le doti naturali.

Per un tale maestro di sport e di vita raggiungere il risultato, cioè fare di quella promessa un campione, richiede spesso esercizio di autolimitazione e di umiltà: meglio fare il meno possibile, accompagnare lo sviluppo e non costringerlo, essere levatrice e non precettore.

Mi sembra che questa metafora sia molto calzante per descrivere quale ritengo sia il ruolo di chi ritiene di avere titolo per regolamentare Internet. Innanzi tutto il carattere di casualità che Internet porta con sé: che abbia certe doti naturali che ne hanno determinato lo sviluppo esponenziale è molto più frutto del caso che della progettazione a tavolino. È successo, e dobbiamo soprattutto preoccuparci di non far perdere la formula magica che era all'origine. Dubito che Jon Postel & co. avessero in mente reti ottiche a decine di Gbit/sec ed applicazioni come VoIP o IPTV quando misero mano ai rudimenti della comunicazione packet-based; semplicemente, le reti troppo ben pianificate non tengono conto del fattore "futuro".

Analogamente, troppe regole, troppe prescrizioni, così come un allenatore troppo miope e prevaricatore, possono guastare un talento naturale.

Nel caso specifico tutto questo risulta ben più complicato, perché non di un allenatore si tratta, ma bensì di un comitato di allenatori, ognuno con le sue idee su come debba essere guidata la giovane (Internet), e addirittura, in quale ruolo debba giocare!

Il fattore "futuro"

Guardando alla pervasività di Internet in tutte le attività della nostra vita quotidiana, da quelle legate alle attività economiche a quelle sociali e relazionali e perfino ludiche, non si può non osservare che siamo tutti, a vario titolo, "stakeholders", azionisti di questa impresa globale. E come azionisti abbiamo titolo ad alzare la voce e difendere i nostri interessi, secondo le regole (mi verrebbe da dire meta-regole, in quanto fanno riferimento ad un sistema di valori, la democrazia, che trascende l'argomento specifico) che applichiamo usualmente per bilanciare interessi inevitabilmente contrastanti.

In più, ognuno di noi è più volte azionista in contesti diversi, a seconda di quale ruolo assuma come cittadino, consumatore, proprietario, utente, genitore, professionista, etc etc. Ed è attraverso gruppi organizzati che rappresentano i diversi interessi che si raggiunge il punto di equilibrio.

Non dimentichiamo però che l'oggetto della regolamentazione è, alla fine delle fini, un oggetto tecnologico che ha già dimostrato nei 30 anni della sua storia passata di essere in grado di influire, in modi non pianificati, con gli sviluppi sociali, economici e culturali che derivano da opportunità tecniche. Internet è stata questo non una, ma svariate volte nella sua storia, e tutto lascia prevedere che continuerà ad esserlo ancora a lungo.

Ora, nel gioco dialettico tra azionisti c'è una componente che rimane esclusa, ed è una componente fondamentale. Chi rappresenta gli stakeholders di domani? Chi può garantire che le scelte casuali, o meno che casuali, gli interventi con mano leggera degli "allenatori" di ieri consentano di preservare non solo quello che è stato ottenuto, ma la capacità stessa di produrre innovazione "buona"?

Non sono uno studioso di storia, ma mi sembra che in situazioni analoghe ci sia la tentazione da parte di una elite di imporre una oligarchia, non tanto per sete di potere pura e semplice, quanto per un senso di "debbo preservarla dagli egoisti e miopie dei contemporanei" che si fa forza di un "io so come vanno le cose perché ho partecipato alla costruzione" e di conseguenza una aspirazione a "conservarla per le generazioni a venire".

Che si tratti del Governo Federale americano, oppure della elite dei tecnologi che hanno contribuito alla costruzione della rete globale o delle infrastrutture di rete di ogni singolo paese, la tentazione è la stessa: noi siamo gli "illuminati", solo noi possiamo guidare.

Senza considerare che, così come la componente casuale ha avuto molto peso nell'effettivo sviluppo di Internet, così il loro ruolo ha avuto un'analoga componente di aleatorietà, che certamente sminuisce l'importanza dell'esperienza quando si cerca di far valere un principio di autorità.

Il tecnico dovrebbe avere l'umiltà di riconoscere i propri limiti - non smetterò mai di citare Michael O'Dell, Chief Technology Officer di UUNET, che diceva di sé "I'm a plumber", io sono un idraulico; dovrebbe conseguentemente riconoscere di rappresentare interessi di parte, non generalizzabili, e quindi non dovrebbe arrogarsi il diritto di parlare a nome delle generazioni future.

Larry Lessig, avvocato, non può certo essere considerato uno dei pionieri di Internet, eppure la descrizione a livello di macrosistema che egli dà in "Il Futuro delle Idee" è quanto di più appropriato ed utile ai fini delle considerazioni qui raccolte.

Secondo Lessig, che richiama una organizzazione dei sistemi di comunicazione per strati o "layers" fatta da Yochai Benkler, lo strato inferiore, quello fisico, costituito dai cavi (fibre ottiche, rame, onde radio) e dai calcolatori (routers, switch, servers ed opportuno contorno) nel caso di Internet è completamente controllato (ci sono soggetti economici che lo presidiano, anche ferocemente); lo strato superiore, quello dei contenuti (dalla pagina di blog al video-on-demand) è per la maggior parte controllato (non completamente però, stante la presenza di una long tail di contenuti indipendenti, nonché per il fenomeno - borderline - del peer-to-peer).

Ciò che rende peculiare Internet è che lo strato intermedio, quello del "codice", (protocolli, software di base, regole tecniche) è rimasto completamente libero, rendendo possibile la nascita e successo di innumerevoli nuove applicazioni e veri e proprie industrie. Altri sistemi di comunicazione in cui gli strati controllati sono diversamente disposti (ad esempio la TV via satellite o via cavo, il sistema telefonico) sono molto più chiusi all'innovazione e limitati.

Potremmo quindi assumere che per gli strati per cui ci sia già una forma di controllo, completo o parziale, sia sufficiente applicare le regole che già dovrebbero vigere in altre industrie per garantire una situazione di concorrenza senza monopoli . Mentre si dovrebbe applicare ogni misura per difendere la libertà dello strato intermedio, quello del "codice".

E chi potrebbe fare questo meglio di chi, in tutt'altri contesti, ha già il compito di difendere gli interessi delle generazioni future? Mi riferisco all'insieme dei poteri (legislativo, esecutivo, giudiziario) che stanno alla base di ogni sistema democratico, e che attraverso un opportuno sistema di checks&balances rappresentano gli interessi non sono dei elettori, ma di tutte le generazioni, presenti e - soprattutto - future.

Questo sarebbe semplice se non fosse per due tendenze spesso presenti in ogni struttura organizzativa: la superprescrizione, cioè la tendenza a sovra-specificare ogni regola e norma, e il provincialismo , cioè la necessità di ricondurre qualsiasi tema nel ristretto ambito dei paradigmi che già si conoscono.

Keep It Simple, Stupid!

Ogni buon tecnico informatico conosce il principio del Bacio, KISS appunto, che di per sé non ha nulla di offensivo: in sostanza è un'esortazione a se stessi per cercare di non complicare oltre il necessario qualsiasi progetto.

Internet ha le sue basi in questo background tecnico e non a caso la parola "semplice", "simple", compare copiosamente dove si parla di protocolli, che sono la parte più caratterizzante di quello strato di "codice" sopra citato.

Così il protocollo che definisce lo scambio di posta elettronica è un "Simple Mail Trasfer Protocol" (SMTP), il meccanismo di monitoraggio in-bound delle apparecchiature di rete è un "Simple Network Management Protocol" (SNMP), ed altri acronimi seguono (SNTP, SKIP, SOAP, SIPP, ...). Gli stessi protocolli IP e TCP sono tecnicamente molto semplici, tanto che è possibile scrivere software di rete per microcontroller molto rudimentali, quale ad esempio quello di un tostapane.

La rete stessa rappresenta una buona approssimazione di "Stupid Network" , contrapposta alle "Intelligent Networks" su cui le Telco hanno investito molto a partire da 20 anni fa. Traslare questi concetti al dominio della governance non è ovvio, però. Si tratta di preferire, ogni volta che è possibile ed ogni volta che c'è il consenso necessario, forme di autoregolamentazione rispetto ad imposizioni di legge.

Si tratta di convenire su poche, semplici, linee guida, da declinare poi in precetti e regolamenti, accettando che questi debbano essere scritti e riscritti più volte, non per accrescimento, come ahimè accade a tante leggi nel nostro Paese, ma applicando il rasoio di Occam ogni volta che l'implementazione non segue più fedelmente le linee guida convenute.

Paradigmi per un mondo virtuale

Al tempo in cui Al Gore poteva contrabbandarsi come "inventore di Internet" tanto era il disinteresse del politico in genere delle faccende di Internet, Negroponte usava un'immagine fulminante per descrivere il comportamento della classe politica nei confronti della Rete: "Come preti e suore che discutono di sesso".

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, e la conoscenza di Internet, sia nei principi che nella funzione concreta, è appannaggio di tanti "decision makers". Ma la sostanziale ignoranza non solo dei meccanismi di funzionamento della Rete, ma delle stesse peculiarità del mondo virtuale porta spesso a definire regole completamente irrealistiche, quando non completamente irrealizzabili.

Questo succede, mi sembra, perché, di fronte ad un fenomeno che non è immediatamente comprensibile con il proprio background culturale, si cerca - inevitabilmente - di applicare i confortevoli paradigmi del mondo fisico anche al mondo virtuale.

Ma Internet trascende questi schemi: andando oltre all'abusata contrapposizione tra bit ed atomo, la comunicazione immediata e [quasi] gratuita annulla le grandezze fisiche come il peso (perché i beni sono immateriali), ed il costo (perché vengono esternalizzati); questo a sua volta corrisponde ad annullare le garanzie che sulla fisicità si sono basate, come la proprietà, la riconoscibilità, la trasferibilità, la non riproducibilità, e così via...

L'annullamento dello spazio-tempo, sia in termini di distanze che in termini geopolitici è molto più pervasivo di quanto si possa immaginare a prima vista. Ma di contro, nuove frontiere vengono introdotte, perché il digital-divide è una realtà, ed è una realtà che non dipende tanto [o soltanto] dalle barriere economiche.

Conclusioni

Per gli strati inferiore e superiore della Rete valgono soprattutto relazioni economiche, e quindi le forme di controllo usuali messe a punto per altre realtà economiche sono applicabili e, auspicabilmente, sufficienti.

Per lo strato del "codice" deve esserci concerto tra tutti gli stakeholders, ed il ruolo del politico dovrebbe essere, soprattutto, di rappresentanza degli azionisti di domani, che non avrebbero altra voce in capitolo.

La priorità, di conseguenza, è mantenere la Rete aperta per il futuro.

La governance dovrebbe essere minimale, ove possibile affidata all'autoregolamentazione dei soggetti economici .

C'è un'area, però, che non può essere lasciata all'autonoma iniziativa degli operatori: la security. E gli eventi legati al terrorismo evidenziano che l'esigenza di predisporre modalità di tracciamento e raccolta di informazioni in caso di indagini di polizia è molto sentita.

Si auspica solo che sia una esigenza contingente che possa in futuro essere lasciata cadere.

L'iniziativa non può che essere in forza di legge, non solo perché non potrebbe essere efficace se adottata su base volontaria, ma anche perché deve essere forma di garanzia del fornitore di servizi nei confronti del proprio cliente (le cui comunicazioni telematiche fossero soggette a controlli o a limitazioni).

Anche su questo fronte il ruolo dei "tecnici che hanno fatto Internet" può essere fondamentale, perché è sulla base dell'esperienza che si può definire quanto è realistico ottenere in termini di raccolta di dati e che cosa è economico realizzare, ed anche che cosa è ragionevole mettere sotto osservazione , avendo ben presente che è interesse di tutti proteggere i fruitori della Rete, cioè noi tutti netcitizens, dalle patologie del mondo virtuale nonché dalle patologie del mondo fisico traslate nel mondo virtuale.

JOY MARINO

  • Joy Marino, genovese, laureato in Ingegneria Elettronica. Pioniere di Internet in Italia, ha realizzato la prima rete aperta all'utenza non accademica (IUnet) ed ha partecipato alla nascita di EUnet, la maggiore rete telematica aperta europea nei primi anni '90.
  • Nel 1994 ha lasciato la carriera accademica per costituire ITnet S.p.A. di cui è stato a.d. fino al 2000.
  • Tra i promotori dell'Associazione Italiana Internet Provider (AIIP), ne è stato il Presidente fino al 1997, attualmente è vicepresidente dell'Associazione.
  • Ha avuto incarichi dirigenziali in Wind, I.NET e Netdish;
  • attualmente è Presidente di MIX s.r.l., il principale Internet Exchange neutrale in Italia.
  • Dal 2004 è presidente della Commissione Regole del Registro ".IT".
Quaderno WSIS 2005 indice
Marino