Antonio Anselmo Martino

  • Antonio Anselmo Martino è il curatore del presente Quaderno.
  • Le sue note biografiche sono riportate in PREMESSA.

Infoetica

In every system of morality, which I have hitherto met with, I have always remarked, that the author proceeds for some time in the ordinary way of reasoning, and establishes the being of a God, or makes observations concerning human affairs; when of a sudden I am surprised to find, that instead of the usual copulations of propositions, is, and is not, I meet with no proposition that is not connected with an ought, or an ought not. This change is imperceptible; but is, however, of the last consequence. For as this ought, or ought not expresses some new relation or affirmation, 'tis necessary that it should be observed and explained; and at the same time that a reason should be given, for what seems altogether inconceivable, how this new relation can be a deduction from others, which are entirely different from it. [David Hume, 1739]

I FATTI CHE CAMBIANO CON INTERNET. COME CONVIVERE NELLA RETE

Un modo di concepire lnternet è pensare alla scoperta di una nuova isola [1] bella, grande piena di risorse e alla portata di tutti quelli che vogliono vivere in essa e goderne i beni. La tecnologia informatica è come l'isola. Costituisce un vasto territorio per gli impegni umani. Possiede un enorme potenziale di servizio agli esseri umani, come ambiente del nostro sviluppo. Le regole, politiche, atteggiamenti e convenzioni che sviluppiamo in relazione con questa tecnologia determineranno completamente se il suo potenziale sarà sfruttato per il bene o per il male.

Possiamo sviluppare leggi e politiche per assicurare che questa tecnologia serva all'umanità o possiamo permettere che il suo potenziale sia sprecato. Uno dei problemi più seri che si pongono è come vivere in questa fantastica isola. Ci vogliono delle regole per Internet - e dice bene l'autore citato - come per questa fantastica isola. Chi pone le regole? È il primo problema: quindi il grande problema della rete è il governo di essa. Ma le regole non vengono a casaccio, si danno per raggiungere uno scopo o più di uno. A questo punto entra l'etica o, se volete, il tema dei valori. Quali valori difendere per ottenere cosa? con quali mezzi? da chi? per quanto tempo?

LE REGOLE CERCANO SCOPI, GLI SCOPI PRIVILEGIANO VALORI

Una cosa è certa: la massimizzazione di qualsiasi valore va a detrimento degli altri. Anche i fantastici valori della rivoluzione francese, se uno di loro fosse massimizzato, sarebbe a detrimento degli altri due. A questo punto sappiamo che ragione vuole sapere quanta fratellanza, con quanta libertà e in quale uguaglianza. Sostenere un valore è funzione delle ideologie ma con le ideologie non si riesce a convivere, se non con prezzi sociali molto alti.

Premetto che per me il valore massimo è la libertà. Ma curiosamente per difenderla devo accettare posizioni che libertarie non sono. Il problema si pone quando la non libertà degli altri viola la mia libertà. O, detto in altri termini, quando e come porre dei limiti a coloro che non sono non libertari. Sgombero subito il campo dicendo di essere un non cognitivista etico, vale a dire uno che non ammette che un valore qualsiasi o un insieme di valori possano essere provati come "naturali", "derivati della parola di Dio", "cogenti perché razionali", ecc..

Ammettere che non si possa provare la verità o vigenza di un sistema di valori qualsiasi, non significa essere indifferenti nella lotta politica o civile. Si può essere non cognitivista etico e allo stesso tempo uno sfegatato difensore di un valore o un insieme di valori tale da giustificare di mettere a repentaglio la propria vita. È una posizione scientifica con riferimento alla possibilità di fondare valori ultimi: alcuni pensano che sia possibile, quindi sono cognitivisti etici, altri pensiamo che non sia possibile, quindi siamo non cognitivisti etici [2].

L' INFOETICA

L'infoetica è stata la vaga idea di alcune persone e alcuni pochi convegni organizzati dalle Nazioni Unite con questo nome. Una delle prime, nel 1999 a Parigi, buttò sul tappeto i temi più urticanti dell'etica in Internet. Se si guardano i temi posti allora, essi non sono molto diversi da quelli che ci poniamo ora: il multilinguismo, il divario digitale, la governabilità della rete o, detto in modo positivo, favorire il multilinguismo, l'accesso a Internet, la collaborazione tra le nazioni, tra i governi e le imprese e la società civile.

Si chiese di fare delle consultazioni al fine di preparare un progetto di raccomandazioni alla successiva Conferenza Generale. Anche l'Unione Europea si è posta il problema di un'etica per l'Internet e, a tali fini, ha organizzato convegni, sviluppato ricerche e ha avviato qualche progetto di direttiva. In tema di diritti d'autore e protezione della proprietà intellettuale si è pronunciata l'Unione Europea [3].

Anche si sono tenute importanti riunioni a livello accademico, come quella organizzata dalla Università Luiss di Roma, che ha svolto nel '99 la quarta edizione di "Ethicomp", Conferenza internazionale sull'impatto sociale ed etico delle tecnologie per l'informazione e la comunicazione. Ethicomp99 si è articolata in una giornata introduttiva (che ha spaziato dalla storia del computer ethics, a computer ethics e imprese, dal problema della gestione dei dati personali in Usa, all'impatto di Internet dal punto di vista etico sul lavoro, a casa, nell'educazione) seguita da una novantina di interventi su ricerche specifiche, e si è conclusa con un paio di tavole rotonde e due relazioni a invito del presidente dell'Autorità per la protezione dei dati personali Stefano Rodotà [4] e di Deborah Johnson [5] del Georgia Institute of Technology.

Quest'ultima ha tracciato il "Futuro del computer ethics nel XXI secolo", mettendo in risalto come saranno cruciali nei prossimi anni da un lato la definizione di regole giuridiche e la loro armonizzazione a livello internazionale, dall'altro la creazione di un sistema di "fiducia" che favorisca gli scambi via Internet tra i vari soggetti (individui, società, istituzioni... ) con adeguate garanzie di sicurezza. La computer ethics come disciplina a sè stante sarebbe invece destinata presumibilmente a scomparire, giacché quel che conta non è la tecnologia in sé, bensì ciò che con la tecnologia gli individui e le istituzioni fanno, così come è sempre stato con gli strumenti di cui l'uomo via via si è dotato.

L' ETICA NELLA RETE

Che la computer ethics sopravviva o no in futuro è tutto sommato domanda oziosa, stante il fatto che l'introduzione della tecnologia solleva oggi problemi dei quali è essenziale prendere coscienza, anche perché le regole giuridiche non sono sufficienti. Le tecnologie non sono affatto neutre. Lo ha sottolineato Stefano Rodotà, che autorevolmente ha svolto un ruolo di garante in un Paese dove le questioni etiche paiono non godere generalmente dell'attenzione dovuta, quasi si trattasse di una disciplina "astratta", buona solo a usi di facciata, mentre è vero il contrario.

Tensioni tradizionali oggi si acuiscono e ad esse se ne aggiungono di nuove: particolarmente stringente per quanto riguarda Internet è la necessità di tutelare i diritti fondamentali a fronte delle logiche del controllo e del mercato. Il che non può avvenire attraverso una disciplina solo nazionale; i confini dello Stato svaniscono nella rete, materializzazione visibile della cosiddetta globalizzazione. Ci vogliono invece principi comuni e possibilmente una sorta di Carta dei diritti internazionalmente riconosciuta. Prioritario rimane il principio della dignità umana da cui discendono innanzitutto il problema dell'uguaglianza (chi sono/saranno gli esclusi?) e la necessità di ridefinire i criteri che qualificano una società democratica.

Tale è per Rodotà la società che promuove l'inclusione, non solo attraverso un'opera di alfabetizzazione, bensì permettendo ai cittadini di sviluppare una capacità critica nei confronti delle nuove tecnologie. Questo, per una società che voglia definirsi democratica, deve dunque diventare un cardine delle politiche pubbliche, accanto a quello della trasparenza della società (e non dell'individuo che deve invece aver tutelate sia la sfera privata sia la libertà di esprimersi attraverso la rete), ovvero possibilità di controllo e di partecipazione da parte dei cittadini.

La funzione dell'etica nella rete si impone perché questa è pervasiva e perché presenta situazioni fino ad oggi sconosciute. Chi gestisce le reti telematiche ne controllerà anche i contenuti? Quali sono i diritti fondamentali nell'Information Society? Come garantire l'accessibilità e superare il digital-divide? Come selezionare i contenuti in una rete dominata da servizi commerciali o di entertainment? Come affrontare il dilemma tra beni comuni e copyright? Come garantire la sicurezza delle informazioni e la privacy? E poi ancora il dilemma tra innovazione tecnologica e affidabilità dei computer, tra etica hacker e reati informatici, tra ricerca di base e intelligenza artificiale [6]. E nelle aziende i manager si trovano a dover decidere i "codici etici per il personale interno" e si trovano a dover integrare questi strumenti con rigorose policies aziendali per trattare i dilemmi etici con i quali i computer professionals impattano quotidianamente: dall'Internet governance all'accessibility, dalla privacy al copyright, dall'uso appropriato dell'informatica in azienda alla gestione della conoscenza, dai reati informatici alla security ed agli hacker, dall'affidabilità dei computer al loro impatto sugli ecosistemi, dall'intelligenza artificiale alle applicazioni militari [7]. L'associazione Politeia, attraverso una sezione che dirigono D'Orazio e Patrignani, si sta occupando in Italia del tema della Computer Etichs e in questo momento sono impegnati in lavori per definire 13 punti che devono caratterizzare questa disciplina [8].

LA FUNZIONE DEI VALORI NELLE REGOLE. OCCIDENTE E ORIENTE

Torniamo al tema dei valori e delle regole. Valori e regole in un mondo globalizzato. Valori che stanno dietro alle regole e giustificano gli obiettivi. Credo che dal punto di vista sintattico vi sia una logica valida per Oriente e Occidente. La logica occidentale ha ormai raggiunto un grado straordinario di sviluppo, ma sostanzialmente è sostenuta nella vecchia definizione aristotelica: Il passaggio da un insieme di enunciati ad un enunciato, necessariamente [9].

In logica occidentale è praticabile la formula 2n quando i termini che si mettono in gioco sono due e "n" è il numero variabile di casi nei quali occorrono tali termini. Questo è facilmente comprensibile in qualsiasi sistema binario [10].

Nella logica orientale è molto difficile prescindere dalla consultazione del libro del Yi King (o I Ching); questo libro contiene degli esagrammi. Un esagramma è un insieme di linee complete o divise in sei righe. Dato che continuo o diviso sono due termini e 6 le linee od occorrenze, vale anche la formula 2n dove n=6, vale a dire 64. E sessantaquattro sono gli esagrammi dell' Yi King o libro delle mutazioni. La similitudine di queste sintassi consente di dire che tanto in oriente quanto in occidente, dal punto di vista logico, si ragiona in modo analogo e una spiegazione possibile è il modo di essere conformato il cervello umano. Questo ha consentito la rapida diffusione delle nuove tecnologie che sono sostanzialmente sintattiche in occidente ed oriente.

Per essere tosto va detto che la logica è anteriore alla matematica o alla geometria che sono interpretazioni di un tipo di logica. Più complicate sono le cose dal punto di vista semantico: un termine sempre trova senso dentro un contesto e i contesti sono culturali e storici. Vi sono più di seimila lingue nel mondo quindi è molto difficile pensare ad una semantica unica. Comunque i lavori più moderni in questo campo cercano di trovare questa semantica primigenia. Il tema diventa ancor più complicato dal punto di vista pragmatico e quindi è comprensibile che vi siano diversi sistemi di valori.

Ciononostante, se si va a cercare nelle diverse culture un insieme di valori primari rilevanti, è possibile trovare delle compatibilità. Tra i precetti ebraici, cristiani, musulmani e le paramite [11] buddiste è possibile trovare elementi comuni da poter enunciare in modo generale [12].

NECESSITÀ DI UN'ETICA MINIMA GENERALMENTE CONDIVISA

La cosa più difficile è quella di tentare un'etica minima comune in un mondo globalizzato dove le differenze non sono abissali, ma sono fortemente caratterizzate da una cultura e una soluzione. Eppure non vi sono alternative.

Bisogna trovare un numero minimo di regole etiche di convivenza applicabile in oriente come in occidente nonostante le diversità di lingue, tradizioni e culture. Non si tratta di un'operazione sintattica, ma pragmatica, quindi piena di difficoltà, ma non impossibile. La prima cosa che ci vuole è accettare gli altri, vale a dire accettare che vi siano persone, comunità, culture che non la pensano come noi riguardo a molti temi importanti.

Questo apre uno spiraglio importante verso il dialogo e il dialogo è l'unica via possibile per arrivare ad accettare un'etica minima anche nella Rete. Capisco bene che non si tratti di una area facile, ma escludo che sia impossibile. Attualmente, di fronte al crollo di alcune ideologie politiche, risorgono altre con forte accento religioso. Le religioni sono temi molto importanti per essere trattate superficialmente, ma in questo caso mi occupo solo della possibilità di dialogo interreligioso, dialogo possibile - come dicevamo prima - solo a condizione di accettare l'altro in quanto tale.

Questo dal punto di vista teorico è sostenuto in modo impeccabile da Adriano Fabris: "Emergono dunque qui delle alternative ben precise: l'alternativa fra una concezione nella quale il particolare è già da sempre universale e quella secondo la quale esso può diventarlo, attraverso l'esperienza di vita e l'impegno dell'uomo religioso; l'alternativa fra una concezione estensiva e una intensiva del rapporto tra particolare e universale. Rispetto a loro bisogna fare chiarezza, per mostrare che non c'è un unico senso di "universale", che non c'è un unico modo per pensare il rapporto tra la propria visione particolare, comunque ritenuta vera, e quella degli altri. A partire da qui bisogna far nascere e sostenere, all'interno di ciascuna religione, quelle concezioni che scelgono una versione non esclusiva dell'universale, e che perciò possono promuovere il dialogo invece dei conflitti. E soprattutto, assumendo questa prospettiva, possiamo dunque, sia che crediamo oppure no, pensare la possibilità di un Dio condiviso e operare per la pace. Ciascuno partendo dalle sue scelte; ciascuno in base alle sue idee" [13]. Dal punto di vista pratico si tratta di riflettere sulle regole principali delle tre religioni monoteiste e il buddismo. Me ne rendo conto che è un atto di semplificazione barbaro, ma d'altro canto i tempi stringono e le persone di questo pianeta hanno sempre più bisogno di soluzioni semplici che si possano raggiungere senza troppi intoppi. L'idea di paragonare le regole di convivenza etica di queste quattro religioni è perchè con loro si copre la maggior parte del pianeta. È vero che rimangono fuori molte religioni che non sarebbe né giusto né ragionevole ignorare, ma è anche vero che, una volta stabilita una quantità minima di regole etiche compatibili tra queste quattro religioni [14], le altre possono proporre le loro differenze e/o similitudini e far anche parte di questo dialogo multiplo al quale si vuole arrivare. Le regole di convivenza etica delle tre religioni monoteiste sono facilmente riconducibili ad una quantità di regole comuni che ne derivano anche dalla comune origine. I paramiti del buddismo ovviamente sono espresse in modo diverso, ma si possono trovare le concordanze a livello di regole. Colpisce il fatto che le regole delle religioni monoteiste siano delle proibizioni, mentre i paramiti sono permessi, obblighi o facoltà. Dal punto di vista della logica etica si equivalgono non così dal punto di vista pragmatico. Ma anche qui le coincidenze si trovano facilmente e tutto al più si trova come differenza la vocazione buddista di occuparsi del benessere non solo degli uomini "ma di tutti gli esseri viventi" [15].

CERCARE I VALORI E ADATTARE LE REGOLE, SEGUIRE DELLE BUONE PRACTICIES E ARRIVARE AI VALORI.

Questa è una via possibile complessa che i più stanno percorrendo per il mondo, se accettiamo una via kantiana di imperativi assoluti, complessa soprattutto da applicare poi nei casi concreti, ma efficace per far vedere la fondazione teorica di quanto si sostiene.

Una via contraria, vale a dire non kantiana, è quella indicata da David Ross [16] il quale sostiene che noi abbiamo solo obblighi morali "prima facie", vale a dire essendo la nostra conoscenza limitata, noi abbiamo obblighi morali conformi ai dati che ci sono stati forniti, quindi "prima facie"; se poi altri dati vengono ad alterare il contesto informativo, è possibile che vi sia un mutamento nel nostro obbligo morale.

Questa è la ricerca delle best practicies in ogni contesto, vale a dire un modo quasi induttivo di valutare una condotta morale. Le due metodologie sono valide e si integrano tra di loro. La deduttiva consente di paragonare più condotte, l'induttiva permette di incorporare le pratiche che ci sono già e insieme fanno ben funzionare una società civile come quelle relative alla responsabilità sociale delle imprese.

Se questo è possibile, se è possibile cercare regole minime di convivenza che possano essere accettate tanto in oriente quanto in occidente per mezzo delle due metodologie indicate, possiamo passare il tutto alla infoetica e dire che la concentrazione maggiore nei prossimi anni sarà quella di costruire un sistema di regole minime di convivenza in Internet che possa essere accettata da tutti gli utenti, incominciando dalla comunità di vedute delle tre religioni monoteiste ed il buddismo estendendola poi ad ogni forma di regola morale che sia in vigore in qualsiasi parte del pianeta purché riconducibile ad alcuna delle regole già indicate o essere aggiunta ad esse con gli stessi criteri con i quali sono nate le prime. Contemporaneamente possiamo accettare quelle "buone consuetudini" che hanno permesso la pacifica convivenza e hanno risolto i conflitti nati all'interno della Rete.

L' INFOETICA IN UNO STATO DI DIRITTO

L'importanza della infoetica è evidente. Le norme giuridiche cercano di trovare il modo di risolvere i conflitti pacificamente indicando obiettivi e il modo di ottenerli. Sulla ricerca degli obiettivi ed il modo di raggiungerli l'infoetica deve essere il metodo privilegiato di arrivarci. La citazione di Hume dell'inizio sta giustamente ad indicare che non basta avere un'enorme quantità di dati sul mondo, sull'essere, ci vuole qualcuno, almeno uno, su come vogliamo che sia il mondo sul dover essere. È questo proprio lo spartiacque.

Tocca all'infoetica trattare gli argomenti normativi del dover essere della Società dell'informazione facendosene carico nel maggior numero di paesi possibili, nella varietà dei contesti sociali, politici e culturali dove essi si sono sviluppati e nel modo necessario per stabilire un dialogo sulla validità di tali obiettivi etici e delle norme giuridiche per raggiungerli.

Il primo problema che si pone è quello della governance della rete e della governance nella rete, poiché si devono trovare i modi perché i poteri pubblici sentano l'obbligo di consentire la maggiore circolazione della informazione, anche propria, tentare di eliminare le ragioni economiche che impediscono ad una parte importante della popolazione di avere accesso a questa informazione e togliere tutte le barriere in modo tale di rendere effettivo il "diritto a comunicare" e l'uso della rete per far circolare la cultura, la scienza e la formazione.

Il secondo è relativo ad un concetto tipicamente giuridico, ma che piano piano può costituire la meta dell'infoetica se pensata per una società democratica: il rispetto dello stato di diritto. Può sembrare un obbiettivo minore e legato al formalismo dei giuristi, invece guardando lo stato attuale del pianeta è sempre di più una conditio sine qua non per la democrazia.

Il terzo è relativo alla protezione della dignità umana nell'era digitale. Un insieme di regole e best practicies adottate dai poteri pubblici, le imprese e la società civile tendenti a preservare la dignità umana dalla prepotenza del potere, delle grandi risorse e della forza organizzata. Regole di sicurezza per l'individuo, la sua vita privata e la libertà di espressione.

NOTE

[1] Johnson, Debora G.: Computer ethics. Englewood Cliffs, N.J. : Prentice-Hall, c1985, p. 13. "Un'analogia che può derivare da utilità... consiste nel pensare ai computer, ai sistemi informatici, e alla tecnologia informatica come un'isola appena scoperta. Supponiamo, nel caso dell'isola, che nessuno sapesse che esisteva, quando fu scoperta da una squadra internazionale di esploratori. È disabitata, ma è molto abitabile. È ricca in risorse naturali, ha un clima temperato durante l'anno, etc. La notizia della scoperta ha generato un gran interesse in tutto il mondo e molti individui ed imprese vogliono stabilirsi lì. Chi vuole trasferirsi vede il suo enorme potenziale. Alcuni vedono l'isola come un'opportunità per costruire una nuova società, un modello di democrazia mondiale, non nazionalista. Altri vedono il potenziale di sfruttamento delle risorse naturali dell'isola; altri poi contemplano il potenziale di sviluppo dell'isola come centro internazionale di turismo. La lista di usi potenziali dell'isola può aumentare…”

[2] A. A. Martino, Valores: ética y metaética, in A. Martino, E. Russo, L. Warat, Temas para una filosofía Jurídica, Cooperadora de Derecho y Ciencias Sociales, Buenos Aires, 1974, pp. 109 /176.

[3] Libro Verde – I diritti di autore e i diritti connessi nella Società dell’Informazione COM(95) 382, Luglio 1995. 1#obiettivo Inquadrare vari problemi in materia di diritti d'autore e diritti perfezioni nel contesto dello sviluppo della Società dell'Informazione, con oggetto in questione di determinare le misure legislative necessarie. 2#misura COMUNITARIA Libro Verde della Commissione Europea, di 27 di Luglio di 1995, sui diritti d'autore ed i diritti perfezioni nella Società dell'Informazione. 3#contenuto Detto Libro si compone di due capitoli. Nel primo si descrive il funzionamento teorico della Società dell'Informazione. Sottolinea l'importanza dello sviluppo della Società dell'Informazione per la Comunità Europea e, in questione, si mostra come si iscrive il suo sviluppo nella cornice giuridica del Mercato Interno. In detta parte si tenta di determinare le sfide che la realizzazione della Società dell'Informazione comporta. Nel secondo capitolo, la Commissione, basandosi sulle contribuzioni dei settori interessati, ha determinato nove temi nella sua opinione prioritari per i regimi di protezione dei diritti d'autore e diritti perfezioni di fronte al funzionamento della Società dell'Informazione. La Commissione desidera richiamare l'opinione dei settori interessati sugli aspetti tanto tecnici come normativi delle questioni per determinare le misure legislative necessarie.

[4] http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/rodot%C3% A0.htm

[5] http://www.swif.uniba.it/lei/rassegna/johnson.htm

[6] Roberto Patrignani in una conferenza alla Scuola Normale Sant’Anna di Pisa “Introduzione alla Computer Etichs” Vedi http://www.politeia-centrostudi.org/eticaIT.html

[7] http://www.politeia-centrostudi.org/eticaIT.html

[8]

  • Opportunità e processi democratici nel cyberspazio
  • Cittadinanza digitale o e-democracy
  • e-government
  • Accesso universale e Divario Digitale
  • Tecnologia dell'informazione e della comunicazione e posti di lavoro
  • Contenuti della Rete e processi educativi
  • Diritto d'autore sui contenuti digitali
  • Difesa dai rischi di intrusione nei sistemi informatici
  • Diritto alla protezione dei dati personali o Affidabilità dei computer
  • Crimini informatici e virus o Intelligenze artificiali, robotica e nanotecnologie
  • Conflitti e guerre
  • Salvaguardia dell'ambiente e riciclaggio tecnologie
  • Internet Governance
  • Realtà virtuale e giochi online http://www.politeiacentrostudi. org/ricercheincorso.html

[9] Aristotele aggiungeva “enunciati veri” ed “enunciato vero”. Credo che la definizione proposta togliendo i termini di “verita” siano più adeguati agli studi attuali. Vedi . MARTINO, Antonio Anselmo; ALCHOURRON, Carlos E. Logica senza verità sta in: AA.VV Sistemi Esperti Giuridici l'Intelligenza Artificiale applicata al Diritto. A cura di Paola Mariani e Daniela Tiscornia Milano, Franco Angeli, 1989, p. 277 – 303 "Analisi automatica del linguaggio. 55.2" MARTINO, Antonio Anselmo; ALCHOURRON, Carlos E. Logique sans verité sta in: Revue Internationale de Semantique Juridique. Vol. III. F. 7 - 1989, p. 33. MARTINO, Antonio Anselmo; ALCHOURRON, Carlos E. Logic Without Truth sta in: PATTARO, Enrico (a cura di), Ratio Juris, An International Journal of Jurisprudence and Philosophy of Law, vol. 3, n. 1, marzo 1990, Basil Blackwell Oxford and New York. MARTINO, Antonio Anselmo LEGAL EXPERT SYSTEMS sta in: T.D. Campbell, R.C.L. Moffat, S. Sato, C. Varga (a cura di) Archiv für Rechts- und Sozialphilosophie, Beiheft 39, 1991,Franz Steiner Verlag, Stuttgart.

[10] La prima versione di un sistema binario compare in Liebniz, sulla presenza di Dio nel mondo. Infatti, Leibniz non credeva nel diavolo e diceva che il bene era la presenza di Dio nel mondo, il male la sua assenza. E che questo poteva essere simboleggiato con due numeri 1 e 0 e che con questi due numeri si poteva rappresentare tutta la conoscenza umana. Per dare un esempio rappresenta i primi 8 numeri della successione fondamentale con O e 1, creando un sistema binario.

[11] E' il termine adoperato dai buddisti per riferirsi agli insegnamenti sul modo di comportarsi. Si tratta di un termine sanscrito adoperato da Nagarjuna per spiegare gli insegnamenti di Budda.

[12] Questo è un tema molto complesso e sul quale esiste già una bibliografia estesa. Non è il caso di trattarli qui.

[13] Adriano Fabris, Perspectivas del diálogo interreligioso (o sea: El dios compartido) in www.iiefgs.org Seminarios de la Universidad de Pisa. La traduzione appartiene all’autore.

[14] So benissimo che i buddisti negano che la loro sia una religione ma non è questo il punto per discuterlo.

[15] Chogye Trichen Rinpoché, Separarsi dalle quattro affezioni, Edizioni Dharma, Buenos Aires, Gli insegnamenti sono basilari e un po’ criptici e indicati in termini negativi perché le quattro affezioni sono considerate cattive per l’uomo praticante: 1. Se ti affezioni a questa vita non sei un praticante; 2. Se ti affezioni a samsara non hai rinuncia. 3 Se ti affezioni ai propri interessi non hai la mente dell’illuminazione, 4. Se c’è fissazione non hai la visione. Una volta espressi possono essere poi trascritti nella parte positiva dei paramiti.

[16] 16 D. Ross, Etics, London, 1930

Aspetti giuridici IGF 2007
indice